Tasse sul lavoro: la riduzione è un’illusione? I numeri dicono di sì
I numeri sembrano indicare che la riduzione delle tasse sul lavoro al momento è solo un'illusione che non fa bene alle nostre tasche.
In Italia, un paradosso economico si sta facendo sempre più evidente: mentre l’occupazione cresce, le condizioni economiche dei lavoratori si deteriorano. In altre parole, la riduzione delle tasse sul lavoro è un’illusione.
Un esempio emblematico è rappresentato dal fiscal drag, un meccanismo fiscale che, sebbene invisibile, ha un impatto tangibile sui redditi. Questo fenomeno spinge i salari adeguati all’inflazione in scaglioni fiscali più elevati, erodendo il potere d’acquisto. Tra il 2021 e il 2024, il gettito Irpef è aumentato del 18,85%, quasi il doppio rispetto alla crescita del monte salari, che si è fermata all’11,5%.
Questa pressione fiscale colpisce in particolare i ceti medio-bassi, già penalizzati da detrazioni fiscali in calo. Si genera così una percezione di ingiustizia fiscale: mentre il ceto medio paga aliquote elevate, i più benestanti beneficiano di regimi agevolati come la flat tax e le cedolari secche. Il risultato è un prelievo aggiuntivo che equivale all’1% del PIL, aggravando il fenomeno del lavoro povero.
Riduzione tasse sul lavoro è illusione e investimenti inesistenti
Oltre alla riduzione illusoria delle tasse sul lavoro, a peggiorare il quadro contribuisce la cronica mancanza di investimenti in ricerca e sviluppo. Con appena l’1,31% del PIL dedicato a questo settore, l’Italia si colloca agli ultimi posti in Europa, superata persino da Paesi come Ungheria e Grecia. Nonostante le promesse del PNRR, la situazione è peggiorata dal 2020, ostacolando la creazione di impieghi qualificati e ben retribuiti.
Il mercato del lavoro riflette questa crisi. La deflazione salariale è evidente: i nuovi assunti percepiscono stipendi inferiori rispetto ai colleghi in pensione. Ciò spiega il paradosso di un’occupazione in aumento accompagnata da un impoverimento generale. La conseguenza? La fuga di talenti all’estero e l’incapacità di competere nei settori innovativi e ad alto valore aggiunto.
Il governo, invece di adottare una visione a lungo termine, sembra concentrato sull’equilibrio dei conti pubblici. Tuttavia, per invertire questa tendenza servono riforme strutturali. È essenziale un sistema fiscale più equo e progressivo, accompagnato da investimenti significativi in innovazione. Solo così l’Italia potrà aspirare a una crescita inclusiva, dove l’aumento dell’occupazione coincida con un reale miglioramento delle condizioni economiche dei cittadini.
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