Lavoro Andare in pensione con 7 anni di anticipo: come funziona l’isopensione

Andare in pensione con 7 anni di anticipo: come funziona l’isopensione

L'Isopensione permette di anticipare il pensionamento fino a 7 anni. Un'opportunità per aziende, anche nell'automotive, con sfide economiche da gestire.

10 Giugno 2025 11:00

Nel complesso scenario delle riorganizzazioni aziendali, soprattutto in settori ad alta intensità di cambiamento come quello dell’automotive, strumenti innovativi come l’isopensione rappresentano una vera e propria ancora di salvezza per le imprese che si trovano a dover gestire gli esuberi senza sacrificare la coesione sociale e il benessere dei lavoratori coinvolti.

Ma come funziona davvero questa misura? E perché sta diventando un pilastro nelle strategie delle aziende in ristrutturazione?

Esuberi e prepensionamenti: come funziona l’isopensione

L’isopensione si configura come una soluzione flessibile e, per certi versi, quasi “su misura” per quelle realtà che, a fronte di cambiamenti strutturali o tecnologici, devono ridurre il personale, ma vogliono farlo in modo graduale e socialmente responsabile.

L’aspetto forse più interessante di questo strumento è la possibilità di anticipare fino a sette anni l’uscita dal mondo del lavoro rispetto ai requisiti ordinari di pensionamento. Un’opportunità che, a ben vedere, può rappresentare una boccata d’ossigeno sia per chi è vicino alla pensione sia per l’azienda che necessita di rinnovare le proprie competenze interne.

Ma entriamo nel vivo del meccanismo. Il punto di partenza è sempre un accordo tra impresa e sindacati, una sorta di “patto sociale” che deve poi essere avallato dall’INPS. Solo così si può attivare il percorso di accompagnamento all’uscita anticipata, riservato ai lavoratori che si trovano a non più di sette anni dal raggiungimento dei requisiti pensionistici ordinari. In altre parole, chi è a un passo dal traguardo, può scegliere – o essere invitato a scegliere – una via d’uscita anticipata, senza perdere i diritti maturati.

Cosa devono fare le aziende in caso di isopensione

L’azienda, da parte sua, si impegna a corrispondere ogni mese un assegno che replica la pensione maturata fino a quel momento dal lavoratore, oltre a continuare il versamento dei contributi previdenziali. È qui che si gioca una delle partite più delicate: da un lato la tutela del reddito del lavoratore, dall’altro la garanzia che, al termine del periodo di isopensione, la pensione definitiva non subisca penalizzazioni dovute a vuoti contributivi. Il tutto sotto l’ombrello protettivo di una fideiussione bancaria, pensata per blindare la solvibilità dell’azienda e tutelare sia i lavoratori sia l’INPS.

Sul piano pratico, non è tutto oro quello che luccica. L’isopensione offre senza dubbio vantaggi considerevoli in termini di flessibilità gestionale, ma impone alle imprese un impegno economico non indifferente: sostenere sia l’assegno mensile che i contributi previdenziali per tutto il periodo di anticipo può mettere a dura prova la liquidità aziendale, soprattutto in settori caratterizzati da margini risicati o cicli di mercato imprevedibili. Non a caso, molte aziende scelgono di ricorrere a questa misura solo dopo un’attenta valutazione della propria sostenibilità finanziaria.

Gli importi

Per i lavoratori, la questione è altrettanto delicata. L’assegno mensile percepito durante l’isopensione è pari esclusivamente alla pensione maturata fino a quel momento: niente scatti, niente rivalutazioni, nessun bonus futuro. Un aspetto che, se da un lato garantisce una transizione morbida verso la pensione, dall’altro impone di fare bene i conti, valutando se convenga davvero uscire in anticipo o aspettare di maturare un importo più consistente.

Il settore automotive merita una menzione particolare. In un contesto segnato da una trasformazione epocale – pensiamo solo all’avanzata dell’elettrificazione, all’automazione spinta e ai nuovi modelli di mobilità – le imprese si trovano spesso nella necessità di riconvertire processi, prodotti e, di conseguenza, competenze. L’isopensione diventa così uno strumento prezioso per accompagnare i lavoratori verso una nuova fase della vita, alleggerendo al contempo il carico sociale che ogni ristrutturazione porta con sé. Un vero e proprio “paracadute” che, se ben utilizzato, può trasformare una crisi in un’opportunità di rinnovamento.

Tuttavia, è fondamentale non perdere di vista il quadro d’insieme. L’isopensione non è la bacchetta magica che risolve tutti i problemi di ristrutturazione: va inserita in una strategia più ampia, che comprenda anche investimenti nella formazione e nella riqualificazione del personale rimasto in azienda. Solo così si può costruire un equilibrio virtuoso tra le esigenze di flessibilità dell’impresa e la tutela dei diritti dei lavoratori.

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