Lavoro Pensioni Pensioni 2026: Rivalutazione dell’1,4% e nuove soglie, ecco chi guadagna di più

Pensioni 2026: Rivalutazione dell’1,4% e nuove soglie, ecco chi guadagna di più

Dal 1° gennaio 2026 le pensioni saranno rivalutate dell’1,4%. Scopri importi, fasce di aumento e reazioni dei sindacati alle nuove misure.

19 Dicembre 2025 15:34

Le pensioni in Italia si preparano a una svolta importante a partire dal 1° gennaio 2026, con un incremento complessivo dell’1,4%. Questo adeguamento, seppur contenuto, mira a offrire un miglior bilanciamento rispetto al costo della vita sempre più alto. Nonostante l’aggiornamento rappresenti una fonte di fiducia per molti, le diverse fasce di reddito e alcune misure di contenimento dell’aumento susciteranno inevitabilmente reazioni contrastanti fra i pensionati, i sindacati e i rappresentanti del mondo politico. È fondamentale valutare come questa nuova misura possa incidere concretamente sul potere di acquisto, affinché non si trascurino le esigenze dei soggetti più vulnerabili.

Le basi normative e gli aumenti

L’adeguamento deriva dal recente rivalutazione decisa dal decreto interministeriale firmato il 19 novembre 2025, atto formale che ha preso in considerazione i dati aggiornati dell’ISTAT sull’andamento dell’inflazione. Il principio di difendere il reddito pensionistico, specialmente nelle fasce più basse, emerge chiaramente dall’attenzione riservata alle pensioni minime, che passeranno da 616,67 a 619,79 euro, tradotto in pochi euro di differenza su base mensile. L’intento è di contenere il progressivo incremento del costo della vita, ma i riflettori sono già puntati su quanto queste modifiche possano garantire una reale tutela mantenendo ciò che resta dei sacrifici di una vita lavorativa.

Non tutte le fasce di reddito, però, otterranno un aumento pieno. Da quattro volte il minimo (2.413,6 euro) fino a 3.017 euro, l’incremento si assesta sul 90% dell’indice di riferimento, espressione di alcuni meccanismi di equità che disciplinano gli assegni più corposi. Oltre i 3.017 euro, la percentuale scende al 75% dello stesso indice, lasciando chi percepisce importi maggiori con un margine di crescita più ristretto. Questa struttura a scaglioni ha già alimentato molti dibattiti, specialmente poiché i beneficiari di assegni medi e alti potrebbero vedere una rivalutazione nettamente inferiore, sebbene in termini assoluti resti comunque significativa. Ad esempio, chi riceve 3.000 euro mensili arriverà a 3.031,50 euro, un aumento limitato a poco più di 30 euro.

 

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