Crescita globale in frenata: è l’inizio di una nuova crisi? Ecco cosa dice l’Ocse
Secondo l'Ocse, la crescita globale rallenterà al 2,9% entro il 2026. Italia e altre economie affrontano sfide economiche complesse.
Nel nuovo scenario economico internazionale, la Ocse torna a lanciare un campanello d’allarme che non lascia spazio a interpretazioni ottimistiche: la crescita economica globale è destinata a subire una brusca frenata, trascinando con sé le principali economie mondiali.
Il quadro che emerge dall’ultimo Economic Outlook pubblicato dall’organizzazione parigina fotografa una situazione di rallentamento globale che si estenderà almeno fino al 2026, mettendo in evidenza un mosaico di fragilità, divergenze e rischi ancora tutti da valutare.
Italia, USA e Cina rallentano: cosa sta succedendo davvero all’economia mondiale
A colpire subito l’attenzione è la revisione al ribasso delle stime di crescita per gli Stati Uniti, da sempre considerati il motore della ripresa mondiale. Secondo l’Ocse, il Pil americano scenderà dal 2,8% del 2024 fino a toccare appena l’1,5% nel 2026, un dato che si porta dietro non solo l’ombra di una domanda interna più debole, ma anche il rischio di nuove turbolenze sui mercati finanziari internazionali.
E non è tutto: anche la Cina, da anni protagonista indiscussa delle dinamiche di sviluppo globale, vedrà il proprio ritmo di espansione ridursi progressivamente dal 5% al 4,3% nello stesso periodo. Una tendenza che preoccupa, se si considera il ruolo centrale che Pechino gioca nelle catene di fornitura mondiali e la sua capacità di influenzare l’andamento dei prezzi delle materie prime e dei beni di consumo.
Non meno significativa la situazione che riguarda l’Italia. Il nostro Paese, già reduce da anni di crescita stentata, si trova ora di fronte a una prospettiva ancora più prudente: il Pil italiano, infatti, secondo le nuove previsioni, rallenta allo 0,6% nel 2025 e tornare a salire di poco allo 0,7% nel 2026. Un andamento che, come sottolinea l’Ocse, appare in netta controtendenza rispetto a quello dell’eurozona nel suo complesso, dove invece si intravede un lieve miglioramento, con una crescita che dovrebbe passare dallo 0,8% del 2024 all’1,2% del 2026.
Pil giù fino al 2026: perché l’Ocse lancia l’allarme e cosa rischiamo tutti
Ma quali sono le cause profonde di questa frenata che sembra coinvolgere senza distinzioni le principali economie avanzate ed emergenti? La risposta, secondo l’Ocse, va cercata in una combinazione di fattori che agiscono su più livelli. Da un lato, pesa l’erosione della fiducia sia dei consumatori sia delle imprese, alimentata da un clima di incertezza che non accenna a dissiparsi.
Dall’altro, si fanno sentire gli effetti di condizioni finanziarie più restrittive, con tassi di interesse elevati che comprimono la capacità di investimento e di spesa. A ciò si aggiungono le barriere commerciali, che continuano a frammentare il mercato globale, e le tensioni geopolitiche, che mantengono alta la volatilità e rendono difficile qualsiasi previsione di medio termine.
In questo contesto, la situazione della eurozona appare particolarmente interessante: nonostante le difficoltà, infatti, l’area dell’euro sembra poter contare su un progressivo recupero, trainato soprattutto dalla tenuta dei consumi privati e da una maggiore stabilità dei mercati del lavoro. Tuttavia, la fragilità resta elevata e i rischi di ricadute non sono da sottovalutare, soprattutto se si dovessero aggravare le tensioni commerciali o se si verificassero nuovi shock sui mercati energetici.
Nonostante questo scenario a tinte fosche, l’Ocse invita a non cedere al pessimismo eccessivo. L’organizzazione sottolinea come una risposta coordinata sul piano delle politiche economiche, accompagnata da riforme strutturali mirate, possa rappresentare la chiave per invertire la rotta e favorire una ripresa più robusta e sostenibile. È fondamentale, secondo l’Ocse, puntare su investimenti strategici, innovazione e rafforzamento della competitività, senza dimenticare la necessità di garantire la coesione sociale e di affrontare con decisione le sfide legate alla transizione energetica e digitale.
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