Lavoro Referendum 2025: l’affluenza definitiva di ieri fino alle 23

Referendum 2025: l’affluenza definitiva di ieri fino alle 23

Scopri l'affluenza definitiva al Referendum 2025 di ieri fino alle 23 e cosa questo dato rivela sul sentiment degli italiani.

9 Giugno 2025 08:23

Un dato che parla da solo: affluenza bassa e clima di disincanto per i referendum 2025 che avrebbero dovuto scuotere l’Italia su temi di prima grandezza. La consultazione popolare, tenutasi il 9 giugno, ha visto solo il 22,73% degli aventi diritto presentarsi alle urne. Un segnale che suona come un campanello d’allarme, soprattutto considerando che i quesiti toccavano nervi scoperti della società, tra diritti sul lavoro e accesso alla cittadinanza italiana. Eppure, la distanza tra cittadini e urne sembra ormai una voragine difficile da colmare.

Il dato di affluenza, rimasto ben al di sotto della soglia necessaria per la validità, si inserisce in un trend che ormai da anni fotografa una democrazia diretta sempre più in affanno. Basti pensare che, già a mezzogiorno di domenica 8 giugno, si era registrato un timido 7,41%, salito al 16,16% alle 19:00 e fermatosi al 22,70% a seggi chiusi. Tutti i quesiti, nessuno escluso, hanno raccolto numeri simili, con una lieve flessione proprio sul tema della cittadinanza italiana (22,52%), a conferma di un disinteresse che non fa distinzioni tra argomenti.

I temi del Referendum 2025 che rendono i dati dell’affluenza una segnale del sentiment degli italiani

Ma quali erano, nel dettaglio, i temi sul tavolo di questo referendum 2025? I cinque quesiti referendari chiamavano in causa questioni cruciali per il futuro del Paese, a partire dal mondo del lavoro. Si parlava di abrogazione delle norme sui licenziamenti ingiustificati introdotte dal Jobs Act, modifica delle indennità per licenziamenti nelle piccole imprese (sotto i 15 dipendenti), e una stretta sui contratti a termine per contrastare la precarietà dilagante. Non meno importante la proposta di reintrodurre la responsabilità solidale del committente negli appalti per tutelare i lavoratori in caso di infortuni. E infine, il nodo della cittadinanza italiana: si chiedeva di dimezzare da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale richiesto agli stranieri extracomunitari per ottenere il passaporto tricolore.

Non va dimenticato un altro elemento: le modalità di voto. I seggi sono rimasti aperti in concomitanza con il secondo turno delle amministrative, dalle 7:00 alle 23:00 di domenica e dalle 7:00 alle 15:00 di oggi. Una scelta pensata per “trainare” l’affluenza, che però si è rivelata un boomerang. Nonostante la coincidenza delle due tornate, l’interesse per i referendum 2025 è rimasto al palo, confermando che la crisi di partecipazione va ben oltre le semplici strategie organizzative.

Il futuro reale dei referendum in Italia

A conti fatti, la vera domanda che emerge è: quale futuro per i referendum in Italia? La scarsa partecipazione, soprattutto su temi così centrali come i quesiti lavoro e la cittadinanza italiana, mette a nudo una crescente sfiducia verso gli strumenti di democrazia diretta. Un distacco che rischia di trasformare il referendum da occasione di confronto collettivo a semplice esercizio di stile, sempre più distante dai bisogni reali della società. E, mentre la politica si interroga sulle cause, i cittadini sembrano aver già risposto con i fatti, scegliendo ancora una volta la strada dell’astensione.

Se la democrazia si misura anche dalla capacità di coinvolgere chi la vive, allora il segnale arrivato da questi referendum 2025 non può essere ignorato. Serve una riflessione profonda, che metta al centro le vere priorità del Paese e restituisca senso e concretezza a strumenti che, oggi più che mai, rischiano di diventare solo carta straccia.

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