Bitcoin come riserva della banca centrale del Brasile: la discussione è iniziata
Ci sono parevoli positivi, tra i fautori della legge e le persone vicine a Bitcoin, e contrari, tra i rappresentanti della banca centrale.
Fonte immagine: Freepik
Arrivano interessanti novità dal Brasile, Paese da tempo finito sotto i riflettori della comunità crypto, in particolare per la possibilità di pagare le tasse tramite criptovalute e la quotazione di ETF in borsa. Nella settimana appena trascorsa, infatti, ha preso il via la discussione relativa all’introduzione di una riserva nazionale in Bitcoin, a sua volta detenuta dalla banca centrale.
La proposta di legge presentata a fine 2024 dal deputato del Partito Liberale Eros Biondini, su cui si è tenuta la prima udienza pubblica nel Paese, punta a trasformare il 5% delle attuali riserve statali in Bitcoin. Si tratta di un progetto audace, che se approvato avrebbe un impatto notevole sull’intero universo crypto.
In Brasile si apre la discussione sulla riserva nazionale in Bitcoin
Nel corso della prima udienza pubblica, come era lecito aspettarsi, la proposta di legge sulla riserva nazionale in Bitcoin ha raccolto pareri contrastanti. Da una parte si registra il semaforo rosso tra i rappresentanti della banca centrale del Brasile, dall’altra i pareri favorevoli delle persone coinvolte direttamente nella legge e, più in generale, vicine al mercato delle criptovalute.
Il numero uno della divisione riserve della banca centrale del Brasile, Luis Guilherme Siciliano, ha messo le mani avanti, sottolineando come secondo il Fondo Monetario Internazionale il Bitcoin non è un asset finanziario, di conseguenza diventa inutilizzabile come riserva.
Guarda invece alla riserva nazionale in Bitcoin con rinnovata fiducia il capo di gabinetto del vice-presidente Geraldo Alckmin. Secondo la sua visione, Bitcoin è da considerarsi un rimedio per i problemi che caratterizzano l’attuale sistema monetario.
Nel corso delle prossime settimane, la proposta di legge potrebbe essere discussa anche da altre commissioni, per poi finire al voto prima del Congresso e poi del Senato.
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