Stipendi pubblici, illegittimo il limite introdotto da Renzi: le nuove soglie
La Corte Costituzionale cancella il limite per i dipendenti pubblici definendo illegittimo quello introdotto da Renzi: ecco le nuove soglie.
Fonte immagine: ANSA
In un passaggio cruciale destinato a far discutere, la Corte Costituzionale ha reso nota la sua sentenza n. 135 del 2025, con cui boccia il tetto massimo di 240.000 euro annui per gli alti dirigenti statali. La decisione, accolta con reazioni contrastanti, investe anche gli stipendi pubblici, ripristinando un modello di remunerazione che diversi osservatori considerano più vicino alle attuali esigenze operative della macchina statale.
È un cambio di prospettiva che, secondo alcuni, potrebbe riaffermare il giusto riconoscimento economico per chi riveste incarichi di grande responsabilità, pur lasciando aperte questioni legate alla tutela delle risorse collettive e alla sostenibilità dei conti pubblici. L’effetto sarà applicato senza valere retroattivamente, segnando un momento di discontinuità rispetto al regime introdotto nel 2014.
Il nuovo riferimento retributivo per gli stipendi pubblici
La delicata scomparsa del precedente tetto retributivo testimonia la volontà di tornare a un sistema mobile che si basa su criteri oggettivi e, soprattutto, aggiornabili nel tempo. Con l’abrogazione del limite fisso, si apre la strada al recupero di stipendi pubblici più alti per circa un migliaio di dirigenti, magistrati e manager di rilievo.
Nel quadro delle attuali riforme, si ripropone il vincolo originario del parametro collegato alla retribuzione del Primo Presidente di Cassazione, ponendo l’accento sull’adeguatezza retributiva come fattore imprescindibile per motivare i vertici dello Stato. La sfida, ora, consisterà nel bilanciare l’esigenza di contenimento della spesa con la necessità di garantire alte competenze di gestione.
La posizione del Primo Presidente Corte di Cassazione
Le ragioni che hanno portato i giudici costituzionali a rivedere la soglia fissa degli stipendi pubblici vengono inquadrate in un panorama legislativo complesso, dove la legittimità del parametro mobile era stata introdotta già nel 2011, con il decreto Salva Italia.
Il riferimento alla retribuzione del vertice della Cassazione, oggi pari a 311.658,23 euro, diventa un chiaro segnale di come si cerchi di evitare imposizioni statiche delle somme massime. In questo contesto, gli addetti ai lavori sottolineano l’importanza di mantenere un sistema di remunerazione in grado di incentivare competenza e professionalità, senza generare squilibri eccessivi nei rapporti tra i principali organi dello Stato.
Gli sviluppi per la pubblica amministrazione
Questo cambiamento degli stipendi pubblici è stato accolto con favore da alcune associazioni di categoria, le quali interpretano la svolta come un passo avanti verso un’estensione di tutele per chi riveste ruoli nevralgici.
Al contempo, il governo è chiamato a predisporre con rapidità correttivi normativi o provvedimenti specifici (DPCM o interventi in Legge di Bilancio) che diano forma a un quadro retributivo più dinamico. Diventa quindi fondamentale garantire un equilibrio tra la dignità professionale di chi opera nelle alte sfere dello Stato e un rigoroso controllo della spesa, affinché l’interesse collettivo resti al centro delle scelte di politica economica e gestionale.
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