Fisco Tasse e imposte Acconto IMU 2025, scadenza (e stangata) in arrivo

Acconto IMU 2025, scadenza (e stangata) in arrivo

Analisi sulle disuguaglianze fiscali legate alla rendita catastale e alle categorie A/2 e A/3 per l'IMU 2025 nelle principali città italiane.

20 Maggio 2025 11:10

Manca poco alla scadenza dell’acconto IMU fissata per il 16 giugno. L’IMU 2025 evidenzia un panorama di disuguaglianze marcate, con un divario fiscale evidente tra le diverse categorie catastali. La classificazione degli immobili in Italia, infatti, rappresenta una vera e propria “lotteria fiscale”, capace di influire in modo significativo sugli importi da versare.

Rendite catastali e discrepanze dell’acconto IMU

A Milano, ad esempio, i proprietari di abitazioni classificate come A/2 si trovano a pagare un’IMU di ben 2.628 euro, quasi il doppio rispetto ai 1.221 euro richiesti per le case in categoria A/3. Questo schema si ripete anche in altre città italiane: a Napoli, il passaggio da A/3 ad A/2 comporta un incremento da 898 a 1.641 euro, mentre a Firenze la differenza, pur meno marcata, resta significativa, passando da 1.270 a 1.598 euro. In città come Bologna, le abitazioni A/2, seppur numericamente inferiori rispetto alle A/3, presentano una rendita catastale media più alta, raggiungendo i 1.487,90 euro.

Queste discrepanze derivano in parte da una classificazione degli immobili che spesso non riflette le loro reali condizioni. Non è raro trovare edifici con caratteristiche simili, ma appartenenti a categorie diverse, creando un sistema di tassazione che appare arbitrario. Inoltre, le ristrutturazioni, quando non accompagnate da un aggiornamento della rendita catastale, contribuiscono a perpetuare tali disuguaglianze.

Le tasse sulle seconde case

Un ulteriore elemento di disparità riguarda la tassazione delle seconde case. In 25 delle 30 città analizzate, le aliquote IMU sono identiche sia per gli immobili sfitti che per quelli affittati a canone libero. Solo in alcune città, come Milano, Modena e Ravenna, si prevedono sconti, seppur limitati all’1 per mille. Più consistenti, invece, sono le agevolazioni per gli affitti a canone concordato, con riduzioni che in alcuni casi arrivano fino a 4 punti percentuali.

Le abitazioni popolari, classificate come A/4, rappresentano ancora il 13,8% del patrimonio immobiliare nei capoluoghi di provincia e beneficiano di un’IMU generalmente più bassa rispetto alle abitazioni civili. Tuttavia, il loro numero è in diminuzione, complice il fenomeno della riqualificazione urbana che sta trasformando molte di queste strutture.

Guardando al futuro, il decreto delegato sui tributi locali previsto per il 2026 potrebbe introdurre importanti novità. Tra le ipotesi in discussione vi sono la semplificazione delle dichiarazioni IMU e ulteriori agevolazioni per gli affitti concordati. Tuttavia, l’impatto complessivo di queste modifiche rimane ancora da valutare.

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