Cosa succede se non fai la dichiarazione dei redditi?
Tutte le informazioni sulla dichiarazione dei redditi 2025: scadenze, sanzioni amministrative e penali, e come rimediare con il ravvedimento operoso.
Nel panorama fiscale italiano, il rispetto degli obblighi dichiarativi rappresenta un passaggio fondamentale per ogni contribuente. Ignorare o trascurare la dichiarazione redditi non è solo una dimenticanza, ma può trasformarsi in un vero e proprio boomerang, capace di scatenare una serie di conseguenze amministrative e penali tutt’altro che trascurabili.
Vediamo, quindi, cosa succede a chi decide di voltare le spalle agli adempimenti fiscali, quali sono le tempistiche da segnare in rosso sul calendario e quali strumenti offre la normativa per mettersi in regola prima che sia troppo tardi.
Invio del modello 730 dopo la scadenza
Il calendario fiscale 2025 non lascia spazio a dubbi: i contribuenti sono chiamati a presentare la dichiarazione relativa ai redditi 2024 seguendo scadenze ben precise. Chi sceglie il modello 730 2025 ha tempo fino al 30 settembre 2025, mentre per chi opta per il Modello Redditi PF la data da cerchiare è il 31 ottobre 2025. E attenzione: per i non residenti, l’invio tramite raccomandata dovrà comunque rispettare quest’ultima scadenza. Un calendario serrato, insomma, che non ammette distrazioni e che impone di muoversi con largo anticipo per evitare brutte sorprese.
Ma cosa succede se la dichiarazione non viene presentata nei termini previsti? La legge parla chiaro: una dichiarazione si considera omessa quando non viene trasmessa entro 90 giorni dalla scadenza ordinaria. Prendendo ad esempio il Modello Redditi PF, il termine ultimo per non cadere nell’omissione è il 29 gennaio 2026. Qualsiasi invio successivo, anche se effettuato, non ha alcun valore ai fini della regolarizzazione e lascia il contribuente esposto a tutte le conseguenze del caso.
Le sanzioni per chi non fa la dichiarazione dei redditi
Le sanzioni fiscali per chi non rispetta questi obblighi sono tutt’altro che simboliche. In presenza di imposte dovute, la penalità può arrivare al 120% dell’imposta non versata, con un minimo di 250 euro. Tuttavia, se il contribuente si affretta a presentare la dichiarazione prima dell’avvio di controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate, la sanzione può essere ridotta al 75%.
Se invece non sono dovute imposte, la sanzione oscilla tra 250 e 1.000 euro, ma può addirittura raddoppiare per chi è tenuto alla tenuta delle scritture contabili. Insomma, non si tratta certo di spiccioli e il rischio di vedersi recapitare una “stangata” è tutt’altro che remoto.
Sul fronte penale, poi, la questione si fa ancora più seria. L’omessa dichiarazione può trasformarsi in un reato quando l’evasione supera la soglia di 50.000 euro, come previsto dall’articolo 5 del Dlgs n. 74/00. In questi casi, il contribuente rischia di dover affrontare un procedimento penale, con tutte le conseguenze del caso. Tuttavia, la normativa offre una via d’uscita: è possibile evitare il processo saldando le imposte dovute, le sanzioni e gli interessi prima dell’inizio del dibattimento. Un’ultima occasione, insomma, per rimediare a una situazione che potrebbe diventare davvero pesante.
Col ravvedimento operoso si riduce la sanzione
A proposito di rimediare, il ravvedimento operoso rappresenta una vera e propria ancora di salvezza per chi si accorge in ritardo di aver mancato un adempimento. Questo istituto consente di regolarizzare la propria posizione versando le imposte dovute con sanzioni ridotte, a patto che la dichiarazione sia ancora presentabile come tardiva, ovvero entro i 90 giorni dalla scadenza originaria. Si tratta di un’opportunità da cogliere al volo, perché una volta scaduto anche questo termine, le possibilità di sanare la propria posizione si riducono drasticamente.
Un aspetto spesso sottovalutato riguarda le attività di controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate. Non ricevere comunicazioni immediate dopo la scadenza non significa essere al sicuro: l’Amministrazione finanziaria può avviare verifiche fino a cinque o addirittura sette anni dopo la mancata presentazione della dichiarazione. In altre parole, la tranquillità potrebbe essere solo apparente e la “spada di Damocle” delle verifiche fiscali resta sospesa a lungo sulla testa del contribuente.
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