Gli investitori istituzionali prevedono una crisi finanziaria globale entro cinque anni
Entro cinque anni, ma probabilmente anche prima, potrebbe scatenarsi una nuova crisi finanziaria globale. Lo prevede la maggior parte degli investitori istituzionali, interrogati dal sondaggio Natixis Investment Managers Global Survey condotto tra 500 professionisti della finanza. Ben l’83% dei partecipanti si aspetta una crisi nei prossimi cinque anni e il 58% ipotizza un rallentamento globale anche prima, tra uno e tre anni.
Questo sentiment ribassista è dettato dall’aumento del livello del debito pubblico e della bassa crescita economica. Mentre i livelli del debito pubblico continuano a toccare nuovi record, la maggior parte (89%) degli investitori istituzionali è preoccupata dal loro impatto sull’economia globale.
“Negli ultimi dodici mesi gli investitori istituzionali globali hanno dovuto affrontare un complesso panorama di sfide macroeconomiche che hanno messo alla prova la costruzione dei portafogli per il 2020 – ha sottolineato Antonio Bottillo, country head ed executive managing director di Natixis Investment Managers per l’Italia – Tutto ciò li ha portati ad attendersi un rallentamento globale prima o poi. Nonostante le previsioni di recessione, l’incertezza è diffusa tra gli investitori e fino a oggi ha impedito loro di apportare modifiche significative ai portafogli, avendo adottato un approccio attendista”.
L’interferenza estera nelle elezioni tra i fattori che guidano la volatilità
Oltre alla sfida rappresentata delle finanze pubbliche e della possibilità di recessione economica, gli investitori istituzionali monitorano il contesto politico che continua ad alimentare l’incertezza del mercato. Il 69% degli intervistati concorda nel valutare come un problema l’interferenza estera nei processi elettorali, mentre il 64% ha dichiarato che la campagna elettorale presidenziale statunitense del 2020 sarà probabilmente una delle principali fonti di volatilità del mercato.
Dato che il contesto macroeconomico è sempre più complesso, le aspettative di una maggiore volatilità sono in aumento. Oltre la metà (52%) degli investitori istituzionali ne prevede un aumento in ambito valutario nel 2020, mentre oltre i tre quarti (77%) prevedono un incremento della volatilità dei mercati azionari. Il 62%, infine, prevede una maggiore volatilità dei mercati obbligazionari.
Questi fattori possono essere il motivo per cui gli istituzionali classificano la volatilità come il loro principale rischio di portafoglio per il 2020 (53% degli intervistati), seguiti dai tassi di interesse perennemente bassi (50%). Gli intervistati si preoccupano anche dell’impatto di una stretta creditizia (37%) e di problemi di liquidità (35%), mentre uno su cinque è preoccupato dalla deflazione.
La ricerca di rendimento continua a essere difficile
Con l’aumento della volatilità e la sfida dei bassi tassi, circa la metà degli investitori istituzionali (46%) ritiene vi sarà anche una dispersione dei ritorni. Poiché i tassi di interesse rimangono a livelli estremamente bassi, gli investitori istituzionali ritengono sfidante andare alla ricerca di rendimenti. Di conseguenza, tre quarti degli intervistati ritengono di aver assunto rischi eccessivi nella ricerca di rendimento.
Oltre la metà degli investitori (56%) ritiene che le obbligazioni con rendimento negativo aumenteranno nel 2020, mentre il 54% degli intervistati teme che le banche centrali non abbiano gli strumenti necessari per gestire una nuova crisi.