Confcommercio, tra negozi e ristorazione mancano 258mila lavoratori: le figure più cercate

Fonte immagine: iStock
Confcommercio lancia l’allarme: in Italia mancano 258mila lavoratori nei settori del commercio, della ristorazione e dell’alloggio. Nel dettaglio, il divario tra domanda e offerta di lavoro in questi ambiti è aumentato del 4% nel 2025 rispetto all’anno precedente, delineando uno scenario critico per il Pil nazionale. Tra le principali cause di questo squilibrio si segnalano il calo demografico, il cambiamento delle preferenze lavorative e la scarsa mobilità territoriale.
“Trovare manodopera qualificata è sempre più difficile ed è un’emergenza che rischia di frenare la crescita economica di importanti settori del commercio”, sottolinea il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli.
I lavori introvabili
Per l’Ufficio Studi di Confcommercio, le professioni più difficili da reperire nel settore del commercio includono commessi specializzati, in particolare nel settore moda-abbigliamento, e figure esperte nel dettaglio alimentare, come macellai, gastronomi e addetti al pesce. Nella ristorazione, la carenza riguarda camerieri di sala, barman, cuochi, pizzaioli e gelatai, mentre nelle strutture ricettive mancano cuochi, camerieri e addetti alla pulizia e al riassetto delle camere.
Tenendo conto delle già insoddisfacenti prospettive di crescita e delle diffuse incertezze e fragilità che contraddistinguono lo scenario internazionale, da ultimo la minaccia dei dazi americani, “il problema di trovare lavoratori qualificati è un lusso che il nostro Paese non si può proprio permettere”, spiega Confcommercio.
Alla base del disallineamento tra domanda e offerta di lavoro nei settori del commercio, della ristorazione e dell’alloggio ci sono una serie di concause che rendono difficile, per non dire impossibile, la buona resa economica degli stessi. Come il calo demografico tra i più giovani, visto che tra il 1982 e il 2024, la fascia di età 15-39 anni ha registrato una diminuzione di 4,8 milioni di persone. E ancora, “si aggiungono cambiamenti nelle preferenze occupazionali, la crescente difficoltà nel trovare lavoratori con il giusto mix di conoscenze, abilità e competenze, e una sempre minore disponibilità alla mobilità territoriale”.
Le soluzioni per Confcommercio
Per affrontare questa crisi, il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha evidenziato l’urgenza di sostenere le imprese che investono nella formazione, inclusa quella degli immigrati, per rafforzare la competitività del Paese. Per farlo è necessario un “rafforzamento del legame tra il sistema educativo e il tessuto produttivo, in modo da orientare i giovani verso professioni in linea con le esigenze del mercato, incentivare la motivazione e offrire opportunità di stage, tirocini e apprendistato”.
Infine, un aspetto cruciale è il ruolo delle parti sociali nella rinegoziazione dei contratti collettivi. In particolare, il contratto del terziario è stato rinnovato a marzo 2024, dopo una lunga trattativa e uno sciopero di categoria indetto dai sindacati a dicembre 2023.
L’accordo, ufficializzato il 1° aprile 2024, prevede un aumento di 240 euro per il quarto livello contrattuale, includendo gli incrementi già riconosciuti con il Protocollo straordinario di dicembre 2022. L’intesa, che coinvolge circa 3 milioni di lavoratori, resterà in vigore fino al 31 marzo 2027.
Gli ultimi dati sul lavoro
Il tema del lavoro in Italia sta incontrando molte difficoltà. Stando agli ultimi dati Istat a dicembre 2024, la disoccupazione è tornata a crescere, mentre l’occupazione è rimasta sostanzialmente stabile.
Il tasso di disoccupazione è aumentato al 6,2% (+0,3 punti rispetto al mese precedente), mentre quello giovanile si riduce leggermente al 19,4% (-0,1 punti), la fascia che è proprio al centro del calo segnalato da Confcommercio. Le persone in cerca di lavoro crescono del 5,8% (+88mila unità), coinvolgendo uomini, donne e tutte le fasce d’età, ad eccezione dei 15-24enni.
Contestualmente, il numero di inattivi diminuisce dello 0,5% (-58mila unità), con un calo tra i 25-49enni e un aumento nelle altre fasce d’età. Il tasso di inattività scende al 33,5% (-0,2 punti).