Finanza Personale Trump scrive a Powell: servono tassi più bassi

Trump scrive a Powell: servono tassi più bassi

Trump chiede tagli ai tassi di interesse a Powell, ma La Fed resiste, valutando l'impatto economico di politiche commerciali e inflazione.

2 Luglio 2025 13:05

Negli Stati Uniti, la tensione tra la Casa Bianca e la Federal Reserve si fa sempre più palpabile, con Trump che torna a puntare il dito contro la politica monetaria e il suo attuale condottiero, Powell. La questione dei tassi di interesse è diventata il nuovo campo di battaglia, mentre il dibattito si infiamma e le scelte della Fed si riflettono direttamente sull’andamento dell’economia USA. In un clima dove ogni mossa viene scrutata con attenzione da mercati e analisti, le parole pesano come macigni e ogni dichiarazione può scatenare reazioni a catena.

Non è certo un mistero che Trump abbia spesso utilizzato toni forti nei confronti di Powell, presidente della Federal Reserve, ma questa volta il pressing si fa ancora più intenso. Secondo il presidente, “migliaia di miliardi di dollari sono stati bruciati dagli Stati Uniti a causa dei tassi elevati”, un’accusa lanciata a gran voce attraverso Truth Social.

Trump non si limita a chiedere una correzione di rotta: pretende un taglio netto, deciso, che possa dare ossigeno a famiglie e imprese, soprattutto in una fase dove la fiducia nei mercati oscilla e la volatilità è dietro l’angolo. Il suo messaggio è chiaro: senza un intervento deciso sui tassi di interesse, il rischio è quello di rallentare ulteriormente la crescita e mettere in discussione la competitività dell’economia americana.

Powell resiste alle pressioni di Trump e difende la linea della Fed

Ma Powell non sembra disposto a cedere il passo alle richieste politiche di Trump. Il presidente della Federal Reserve mantiene la barra dritta, ribadendo l’importanza dell’indipendenza dell’istituto e la necessità di valutare ogni mossa con la massima cautela. In questo momento, la Fed ha fissato il tasso di riferimento tra il 4,25% e il 4,50%, una scelta che secondo Powell è dettata dalla volontà di bilanciare i diversi fattori in gioco, dalla crescita all’occupazione fino al controllo dell’inflazione. E proprio l’inflazione torna a fare paura: le ultime proiezioni parlano di un possibile balzo al 3% entro fine anno, ben al di sopra del 2,1% registrato ad aprile, con i dazi sulle importazioni che rischiano di spingere ulteriormente i prezzi al rialzo.

Le previsioni della Fed non lasciano spazio a facili ottimismi: la crescita del PIL rallenta, passando dall’1,4% rispetto al 2,5% dell’anno precedente, mentre il tasso di disoccupazione potrebbe toccare quota 4,5%. Numeri che riflettono un clima di incertezza e che costringono Powell a mantenere un approccio prudente, nonostante le critiche e le pressioni crescenti da parte di Trump. Nel frattempo, la Federal Reserve si trova a dover compiere un delicato esercizio di equilibrio: da una parte le richieste dell’amministrazione, dall’altra l’obiettivo prioritario di garantire la stabilità e la solidità dell’economia USA. Una partita ancora tutta da giocare, dove ogni scelta potrebbe fare la differenza tra una ripresa solida e nuove turbolenze sui mercati.

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