Affitto, paure e tasse: ecco perché milioni di case restano inutilizzate
Un'analisi Fondazione Ifel rivela che il 25% delle case italiane è vuoto. Costi, tasse e scarsa offerta di affitti frenano il mercato. Le proposte per sbloccarlo.
Fonte immagine: Finanza.com
È sorprendente come, in un Paese noto per la sua lunga tradizione familiare e il legame viscerale con la terra, si contino ben 9,7 milioni di case sfitte: parliamo di uno stock che rappresenta quasi un quarto dell’intero patrimonio abitativo. L’ultimo rapporto della Fondazione Ifel ha messo in luce questa contraddizione del sistema residenziale italiano, evidenziando i forti squilibri tra le aree geografiche.
A Reggio Calabria, ad esempio, si raggiungono picchi del 40% di abitazioni non abitate, mentre nelle grandi città come Milano e Roma le percentuali si attestano, rispettivamente, attorno al 12,4% e al 14,8%. Ma al di là della pura statistica, ciò che colpisce davvero è l’enorme costo di mantenimento di immobili lasciati vuoti: tra spese di manutenzione, oneri fiscali e opportunità sprecate, si stima che un appartamento medio a Milano possa pesare fino a 15.000 euro l’anno sulle tasche dei proprietari.
Il peso sul mercato e la scarsa propensione all’affitto
Gran parte di questa situazione riflette anche un’inerzia nel mercato immobiliare, dove la percentuale di abitazioni in affitto in Italia si ferma al 13,1%, molto lontana dai livelli raggiunti in Francia (33,3%) o Germania (55,4%). L’ostacolo principale rimane la diffusa paura di inquilini morosi, un terrore che spesso frena i proprietari dal mettere a reddito i propri immobili.
A complicare il quadro si aggiungono le procedure di recupero di un appartamento nel caso di controversie, percepite come lunghe e complesse. Questa situazione non solo irrigidisce il mercato, ma impedisce anche a una parte crescente della popolazione di accedere a soluzioni abitative sostenibili, soprattutto nelle aree urbane più dinamiche.
La carenza di alloggi accessibili
Un altro aspetto critico di questa vicenda risiede nell’esigua disponibilità di alloggi sociali, che costituiscono appena il 2,6% dello stock immobiliare nazionale. Tale valore ci colloca nelle posizioni di coda in Europa e riflette un impegno pubblico limitato nel fornire alternative abitative a canone calmierato.
L’assenza di un’adeguata rete di edilizia popolare finisce per penalizzare in particolare le fasce economicamente più fragili, creando un circolo vizioso: più bassa è l’offerta di case a prezzi contenuti, maggiori sono i costi complessivi per chi non può permettersi di acquistare o sostenere un affitto pieno. E quando il pubblico non interviene a sufficienza, la tensione tra domanda e offerta genera ulteriori criticità.
Le misure per invertire la rotta
Secondo gli esperti, la via maestra per risolvere queste distorsioni strutturali passa attraverso l’adozione di incentivi fiscali studiati appositamente per i proprietari che scelgono di affittare i propri immobili, bilanciando la paura dei mancati pagamenti con garanzie economiche o agevolazioni tributarie.
Al contempo, si auspica un aumento degli investimenti pubblici dedicati all’espansione dell’edilizia sociale, così da contenere la pressione sugli affitti e offrire un’alternativa concreta a tutte quelle famiglie che, altrimenti, rischiano di rimanere escluse dal mercato. Solo un intervento coordinato tra pubblico e privato potrà rilanciare una realtà abitativa che, al momento, appare irrigidita e incapace di rispondere ai cambiamenti socioeconomici in atto.
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