Lavoro Pensioni 2026: come cambierebbero se si blocca l’età

Pensioni 2026: come cambierebbero se si blocca l’età

Il Governo valuta il rinvio dell’aumento dell’età pensionabile: scopri come cambierebbero le pensioni nel 2026 se si bloccasse l'età.

19 Agosto 2025 14:00

In un contesto economico sempre più dinamico, il tema delle pensioni richiama l’attenzione di lavoratori e istituzioni, specialmente quando si affronta l’eventualità di intervenire sull’ormai consolidata età pensionabile.

Non c’è dubbio che l’obiettivo di garantire un sistema previdenziale sostenibile passi attraverso un equilibrio delicato: da un lato, la necessità di adeguare il lavoro alle nuove sfide demografiche, dall’altro il dovere di preservare i diritti dei futuri pensionati.

Nelle ipotesi allo studio, l’incremento di tre mesi potrebbe comportare costi variabili tra 300 milioni e 1 miliardo di euro, con stime che prospettano riduzioni degli assegni anche fino al 9%.

Pensioni: rinvio dell’adeguamento all’aspettativa di vita

È significativo osservare che una modifica nei requisiti pensionistici non agisce mai in modo isolato: spostare l’attenzione sull’aspettativa di vita implica ricalibrare i requisiti per le pensioni anticipate e, di conseguenza, valutare come queste misure andranno a incidere sull’equilibrio complessivo del sistema.

In tale scenario, il ministro Giancarlo Giorgetti propone di rimandare di almeno due anni l’aumento che toccherebbe i 67 anni e 3 mesi, attualmente previsto per il 2027. Una variazione di questa portata finirebbe per innescare un inevitabile effetto domino, coinvolgendo non solo chi attende di maturare i requisiti, ma anche chi si prepara a pianificare la strategia di uscita dal mondo del lavoro.

Dal canto suo, la Ragioneria Generale dello Stato non manca di sollevare perplessità, sottolineando come un intervento esclusivamente centrato sull’adeguamento all’aspettativa di vita rischi di compromettere la funzionalità del sistema delle pensioni.

Se l’aumento dell’età di uscita dal lavoro innalza l’importo degli assegni, dall’altro il coefficiente di trasformazione rimane il principale strumento di bilanciamento, distribuendo i contributi su un periodo potenzialmente più esteso. Tale meccanismo va maneggiato con cura, poiché intervenire su uno solo dei fattori, senza variare l’altro, significa mettere a repentaglio la stabilità di lungo periodo.

Prospettive tra previdenza complementare e TFR

In questo contesto, guadagna interesse l’idea di rafforzare la previdenza complementare e introdurre forme di flessibilità nell’utilizzo del TFR come rendita integrativa delle pensioni, specialmente per chi rientra nel regime misto.

Non stupisce che questo tipo di approccio sia considerato una strada percorribile per aiutare le generazioni future a fronteggiare i rischi legati alla sostenibilità finanziaria del sistema nel medio e lungo periodo.

Il dibattito resta aperto su come conciliare politiche di contenimento dei costi con la sicurezza economica dei pensionati, in un quadro demografico sempre più complesso e in continua evoluzione.

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