Finanza Personale Auto italiane a rischio: senza terre rare dalla Cina la produzione si ferma

Auto italiane a rischio: senza terre rare dalla Cina la produzione si ferma

Il settore delle auto italiane è a rischio per la dipendenza dalle terre rare cinesi: costi in aumento e richieste al governo.

10 Giugno 2025 14:00

In un contesto internazionale sempre più complesso e segnato da forti tensioni sulle materie prime, l’industria delle auto italiane si trova di fronte a una delle sue sfide più delicate e strategiche: la dipendenza quasi totale dalla Cina per l’approvvigionamento delle terre rare. Si tratta di una questione che non solo mette a rischio la competitività del settore, ma che rischia di avere ripercussioni profonde sull’intero tessuto industriale nazionale, soprattutto in una fase in cui la transizione verso i veicoli elettrici si fa sempre più rapida e pressante.

La Cina, infatti, controlla oltre il 70% della produzione mondiale di questi elementi, fondamentali per la realizzazione dei magneti permanenti che costituiscono il cuore tecnologico dei motori elettrici. Basti pensare che, nell’ultimo anno, il valore delle importazioni italiane di terre rare ha raggiunto la cifra di mezzo miliardo di euro, con il 90% proveniente proprio dal gigante asiatico.

A rendere la situazione ancora più allarmante è la natura stessa di questi materiali. Elementi come il neodimio e il disprosio non sono semplicemente difficili da sostituire: al momento rappresentano veri e propri pilastri tecnologici su cui si regge l’attuale produzione di auto italiane. Senza di essi, la catena produttiva dei veicoli elettrici rischia di incepparsi, mettendo in crisi un settore già alle prese con la difficile sfida della riconversione ecologica e con la pressione crescente dei mercati internazionali.

Auto italiane a rischio: il ruolo della Cina

In uno scenario in cui la Cina dovesse decidere di restringere ulteriormente le esportazioni di terre rare, le aziende italiane si troverebbero costrette ad affrontare un aumento dei costi produttivi che potrebbe sfiorare il 20%. Un impatto che rischia di essere devastante non solo in termini di competitività, ma anche di occupazione, con possibili ricadute su decine di migliaia di lavoratori.

Le terre rare sono ormai considerate il “petrolio del futuro”, e la loro disponibilità rappresenta un fattore chiave per determinare chi potrà davvero guidare la rivoluzione green nei prossimi anni. Non è un caso che, proprio su questi elementi, si stia giocando una partita geopolitica di primaria importanza, con la Cina che sfrutta la sua posizione dominante per rafforzare la propria influenza sui mercati internazionali.

Mai come oggi, dunque, serve una strategia lungimirante, capace di coniugare sicurezza degli approvvigionamenti, innovazione tecnologica e sostenibilità ambientale. Perché la sfida delle terre rare non riguarda solo la sopravvivenza dell’automotive italiano, ma la possibilità stessa di guidare il cambiamento verso una mobilità più pulita, sicura e competitiva a livello globale.

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