Lavoro Referendum 2025: i cinque quesiti spiegati per il futuro del lavoro e della cittadinanza

Referendum 2025: i cinque quesiti spiegati per il futuro del lavoro e della cittadinanza

Analisi dettagliata dei cinque quesiti del Referendum 2025 su lavoro e cittadinanza. Modalità di voto e impatti di SÌ e NO.

4 Giugno 2025 09:33

C’è aria di cambiamento all’orizzonte: il prossimo giugno l’Italia sarà chiamata a una prova di democrazia diretta che promette di riscrivere le regole su referendum 2025 e i suoi impatti su lavoro e cittadinanza. Una consultazione che non è solo una data sul calendario, ma un crocevia di scelte che toccheranno da vicino la vita quotidiana di milioni di persone.

E non si tratta di semplici aggiustamenti: le cinque schede che gli italiani troveranno nelle urne potrebbero aprire la strada a una vera e propria svolta, con effetti a cascata sulle tutele dei lavoratori, sulle modalità di assunzione e licenziamento, sulla sicurezza negli appalti e sulle regole per ottenere la cittadinanza italiana. Insomma, si tratta di un appuntamento che potrebbe cambiare il volto del Paese, e questa volta nessuno potrà dire “non mi riguarda”.

Referendum, il primo quesito: licenziamenti illegittimi

Partiamo dal primo nodo caldo: il tema dei licenziamenti illegittimi. In ballo c’è la possibilità di tornare al passato, ripristinando il celebre articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. In pratica, chi lavora in aziende con più di 15 dipendenti potrebbe riottenere la reintegrazione obbligatoria in caso di licenziamento senza giusta causa, mettendo da parte il solo indennizzo economico previsto dal Jobs Act.

Questo il testo del primo quesito:

Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza?

Una questione che divide da anni sindacati e imprenditori e che ora torna prepotentemente sotto i riflettori: chi voterà “sì” sceglierà di abrogare le norme attuali e riportare indietro le lancette, chi invece opterà per il “no” preferirà lasciare tutto com’è.

Il secondo quesito: licenziamenti nelle piccole imprese

Non meno importante il secondo quesito, che riguarda le piccole imprese: qui si gioca la partita sulla tutela dei lavoratori delle aziende con meno di 15 dipendenti. Oggi esiste un tetto massimo di sei mensilità come risarcimento in caso di licenziamenti illegittimi; il referendum propone di togliere questo limite, restituendo al giudice piena libertà nella valutazione dell’indennizzo.

Il testo del secondo quesito:

Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: “compreso tra un”, alle parole “ed un massimo di 6” e alle parole “La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro.

Una scelta che potrebbe incidere fortemente sull’equilibrio tra flessibilità e sicurezza, soprattutto in un tessuto produttivo come quello italiano, fatto di migliaia di piccole realtà.

Il terzo quesito: durata dei contratti di lavoro

Ma il lavoro precario è un tema che tocca tutti, giovani in primis. Il terzo quesito mira a riportare al centro la causalità nei contratti a termine: si vuole reintrodurre l’obbligo di specificare la ragione per cui si assume a tempo determinato, anche per periodi inferiori ai dodici mesi.

Di seguito il testo del terzo quesito:

Volete voi l’abrogazione dell’articolo 19 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b bis)”; comma 1 -bis , limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “,in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,”?

Un modo per limitare la precarietà e scoraggiare abusi, in un mercato che troppo spesso ha visto il lavoro trasformarsi in una corsa a ostacoli senza certezze.

Il quarto e ultimo quesito sul lavoro: responsabilità solidale negli appalti

Sul fronte della sicurezza, il quarto referendum mette sotto la lente la responsabilità solidale negli appalti. L’obiettivo è estendere la responsabilità del committente anche agli infortuni derivanti da rischi specifici delle imprese appaltatrici o subappaltatrici. Un tema, questo, che riguarda da vicino il mondo delle costruzioni, della logistica e di tutti quei settori dove il lavoro “in subappalto” è la regola più che l’eccezione.

Il testo del quarto quesito:

Volete voi l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009 n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.”?

In caso di vittoria del “sì”, il committente non potrà più lavarsene le mani: dovrà rispondere direttamente delle condizioni di sicurezza, anche quando i rischi sono legati alle attività delle imprese terze.

Il quesito sulla cittadinanza italiana

E poi c’è la questione della cittadinanza italiana, un tema che negli ultimi anni ha acceso dibattiti e diviso l’opinione pubblica. Il quinto quesito propone di ridurre da dieci a cinque anni il periodo di residenza legale richiesto agli extracomunitari per ottenere il passaporto tricolore. Una scelta che punta a favorire l’integrazione e riconoscere più rapidamente i diritti di chi vive, lavora e contribuisce alla società italiana.

Il testo del quesito:

Volete voi abrogare l’art. 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”?

Anche qui, la posta in gioco è alta: si tratta di decidere quale idea di cittadinanza vogliamo per il futuro, se aprire o meno le porte a chi, di fatto, è già parte della nostra comunità.

Quando si vota e quorum da raggiungere

Le regole del gioco sono chiare: si voterà domenica 8 giugno dalle 7:00 alle 23:00 e lunedì 9 giugno dalle 7:00 alle 15:00. Ma attenzione, perché per rendere effettivi i risultati occorrerà raggiungere il quorum del 50% più uno degli aventi diritto. Un ostacolo non da poco, che richiede una partecipazione massiccia e consapevole. Gli italiani residenti all’estero potranno esprimere la propria scelta per corrispondenza entro il 5 giugno, ampliando ulteriormente la platea dei votanti.

Un “sì” ai quesiti referendari significherà cancellare le norme esistenti e aprire la strada ai cambiamenti proposti; un “no” lascerà tutto com’è. In ogni caso, la partita si giocherà tutta sulla partecipazione: sarà la voce popolare a decidere se e come cambieranno le regole su lavoro e cittadinanza in Italia. Mai come questa volta, ogni voto potrà davvero fare la differenza, perché in gioco non ci sono solo le leggi, ma la visione stessa di società che vogliamo costruire per il domani.

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