Lavoro TFR sotto accusa: cosa succede alle buste paga e alla previdenza

TFR sotto accusa: cosa succede alle buste paga e alla previdenza

Scopri le implicazioni della sentenza della Cassazione sul TFR: impatti su lavoratori, fisco e previdenza integrativa.

9 Giugno 2025 12:30

Negli ultimi giorni, un vero e proprio terremoto ha scosso il mondo del lavoro italiano: il TFR in busta paga, soluzione che aveva preso piede negli ultimi anni per garantire maggiore liquidità ai lavoratori, è stata dichiarata illegittima dalla Corte di Cassazione.

Con la sentenza n. 13525 del 20 maggio 2025, la Suprema Corte ha rimesso in discussione un equilibrio che sembrava ormai consolidato, aprendo scenari di grande incertezza sia per i dipendenti sia per le aziende. Una decisione che, come spesso accade, rischia di far discutere per molto tempo, alimentando dubbi e perplessità sul futuro delle politiche retributive e della previdenza in Italia.

Il provvedimento che cambia il destino del TFR

Il provvedimento, destinato a lasciare il segno, ha stabilito che ogni erogazione mensile del TFR deve essere considerata a tutti gli effetti come retribuzione ordinaria. In parole povere, non si tratta più di una somma separata, dotata di una propria disciplina fiscale agevolata, ma di un elemento che si somma al normale stipendio e che, come tale, va assoggettato alle regole del fisco ordinarie. Una vera rivoluzione che, come un fulmine a ciel sereno, rischia di modificare profondamente le abitudini di milioni di lavoratori e le strategie delle imprese.

Ma le ripercussioni non si fermano qui. Anche il sistema della previdenza complementare viene messo sotto la lente d’ingrandimento. Negli ultimi anni, infatti, la destinazione del TFR ai fondi pensione era stata promossa come una delle principali soluzioni per integrare la pensione pubblica, spesso giudicata insufficiente a garantire un tenore di vita dignitoso dopo il pensionamento.

Non mancano, ovviamente, le proposte per uscire dall’impasse. C’è chi suggerisce di trasferire il TFR all’INPS in forma esentasse, garantendo così un risparmio futuro per lo Stato ma limitando la possibilità per i lavoratori di richiedere anticipi. Altri, invece, propongono di lasciare libertà di scelta sulla destinazione del TFR, magari introducendo incentivi fiscali o crediti d’imposta proporzionali alle somme destinate alla previdenza complementare. In ogni caso, la strada appare tutta in salita e sarà fondamentale che governo, aziende e sindacati lavorino fianco a fianco per individuare soluzioni che sappiano tutelare i diritti lavoratori, garantire la sostenibilità del sistema e mantenere un equilibrio tra esigenze di bilancio e tutela sociale.

La sentenza della Corte di Cassazione segna un punto di svolta che nessuno può permettersi di ignorare. Il futuro del TFR e della previdenza italiana passa anche da qui: dalla capacità di adattarsi a un contesto in rapida evoluzione, senza perdere di vista l’importanza di salvaguardare i diritti lavoratori e di assicurare una protezione efficace contro le incertezze del domani. Solo il tempo dirà se il nuovo corso saprà davvero rispondere alle aspettative di chi, ogni giorno, contribuisce con il proprio lavoro alla crescita del Paese.

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