Lavoro Stop al lavoro con caldo estremo: ecco cosa prevede la legge

Stop al lavoro con caldo estremo: ecco cosa prevede la legge

Lavoro e caldo estremo: settori a rischio, normative di sicurezza e misure economiche per tutelare i lavoratori esposti.

13 Giugno 2025 17:00

In Italia, quando il termometro schizza verso l’alto e l’aria si fa rovente, la questione del caldo estremo sul posto di lavoro non è più solo un fastidio stagionale, ma diventa una vera e propria emergenza da affrontare con serietà.

Negli ultimi anni, il susseguirsi di ondate di calore ha messo in luce quanto sia necessario ripensare le strategie di prevenzione e tutela, soprattutto per chi lavora in condizioni già difficili. La salute dei lavoratori, spesso data per scontata, si trova oggi a fare i conti con rischi che si moltiplicano sotto il sole cocente, richiedendo un’attenzione particolare sia da parte delle aziende che delle istituzioni.

Lavoro sotto il sole con caldo estremo: chi rischia di più?

Non è un mistero che i settori a rischio per il lavoro con caldo estremo siano quelli che operano all’aperto o in ambienti poco ventilati: agricoltura, edilizia, pesca e trasporti sono solo la punta dell’iceberg.

Ma attenzione, perché anche chi lavora in luoghi chiusi ma caldi, come i panifici industriali o i macelli, non se la passa meglio. In queste situazioni, la probabilità di incidenti cresce in modo esponenziale, complici la stanchezza, la perdita di concentrazione e la difficoltà a prendere decisioni lucide. Il D.Lgs. 81/2008 parla chiaro: i datori di lavoro devono valutare i rischi legati alle temperature estreme e adottare tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza sul lavoro. E non è solo una questione di regole: si tratta di tutelare la vita e il benessere delle persone, che spesso sono costrette a stringere i denti anche quando il caldo diventa insopportabile.

Le risposte delle istituzioni e delle aziende

Alcune regioni hanno deciso di prendere il toro per le corna, introducendo provvedimenti ad hoc per limitare i danni. In Lazio, ad esempio, è stato imposto lo stop alle attività all’aperto nelle ore più torride, mentre in Calabria si è scelto di vietare il lavoro nei campi e nei cantieri tra le 12:30 e le 16:00 durante i giorni più critici.

Non si tratta solo di buone intenzioni, ma di misure concrete che possono fare la differenza tra una giornata di lavoro con caldo estremo e un ricovero in ospedale. Anche le aziende, dal canto loro, sono chiamate a fare la propria parte, promuovendo pause frequenti, garantendo acqua fresca e predisponendo zone d’ombra dove possibile.

Tutto ciò contribuisce a ridurre il rischio di infortuni e a rafforzare la cultura della prevenzione, che resta il vero punto di svolta per affrontare le sfide del clima che cambia.

Tutele economiche e consapevolezza dei diritti

Non bisogna dimenticare che il caldo estremo può anche avere ripercussioni sul fronte economico nel mondo del lavoro. In caso di interruzione o riduzione dell’attività lavorativa per cause legate alle condizioni climatiche, le imprese possono ricorrere alla cassa integrazione.

L’INPS, con il messaggio n. 2729 del 2023, ha confermato la possibilità di accedere a questo strumento per un massimo di 52 settimane, offrendo così un paracadute importante sia per le aziende che per i lavoratori.

Tuttavia, è fondamentale che chi lavora sia pienamente consapevole dei propri diritti e non esiti a reclamarli quando necessario. Solo così si può costruire un ambiente di lavoro davvero sicuro, dove la tutela della salute non sia un optional ma una priorità condivisa.

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