L’Ue promuove l’Italia: bilancio 2026 approvato, ma il capitale umano rimane la sfida
La Commissione Europea approva il bilancio 2026 dell'Italia. Deficit al 3% nel 2025, ma la crescita rimane modesta. Cruciale investire nel capitale umano per la competitività futura.
L’Italia si trova oggi di fronte a un bivio che riassume le contraddizioni della nostra epoca: da un lato, i conti pubblici si consolidano secondo un percorso virtuoso; dall’altro, l’economia langue in una crescita quasi inesistente. La Commissione Europea ha recentemente approvato la Legge di Bilancio 2026, riconoscendo al nostro paese una gestione responsabile dei conti e collocandolo tra i dodici Stati membri in regola. Eppure questa notizia, che dovrebbe essere motivo di soddisfazione, cela una realtà più complessa: il deficit del PIL scenderà dal 3,4% del 2024 al 3% nel 2025, proseguendo verso il 2,8% nel 2026, ma la crescita economica rimane ferma a un misero 0,4%, ben lontano dalle stime governative e dalle previsioni primaverili. Siamo insomma davanti a un’Italia che paga i debiti ma non riesce a correre.
Il consolidamento dei conti: una vittoria di Pirro
Non c’è dubbio che il percorso di risanamento fiscale italiano rappresenti uno sforzo considerevole da parte dell’esecutivo. Il superamento del disavanzo eccessivo e l’allontanamento dal rischio di procedure d’infrazione costituiscono risultati tangibili. Insieme a noi figurano nella lista dei dodici Stati promossi paesi come Germania, Francia, Finlandia e Portogallo, mentre altri ancora si dibattono in situazioni di non conformità. Tuttavia, dobbiamo porci una domanda cruciale: a che serve avere conti in ordine se l’economia non genera occupazione, non produce ricchezza, non innesca quel circolo virtuoso di sviluppo che garantirebbe sostenibilità nel tempo?
È qui che emerge la nuova sfida lanciata dalla Commissione Europea a tutti i 27 Stati membri: investire massicciamente nel capitale umano. L’Unione non parla più soltanto di austerità, ma di futures, di competenze, di conoscenza. L’istruzione e lo sviluppo di competenze nei settori strategici diventano armi competitive essenziali. Dalla transizione ecologica alle biotecnologie, dalle tecnologie digitali ai programmi STEM, il mondo cambia rapidamente e chi non investe nella formazione del proprio capitale umano rischia di restare indietro. L’Italia, con il suo sistema educativo frammentato e sottofinanziato, avverte questa pressione forse più di altri.
2026: il momento della verità per la competitività italiana
Il prossimo anno sarà decisivo. Non basta consolidare i conti se questo consolamento avviene a scapito degli investimenti nel futuro. La competitività economica globale non si costruisce con l’austerity, ma con la visione di lungo periodo. L’Italia deve dimostrare che è possibile mantenere la disciplina fiscale mentre si alimentano investimenti strutturali in capitale umano. Altrimenti, ci troveremo con bilanci in ordine ma un’economia svuotata, incapace di competere, destinata al declino lento e inesorabile.
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