Fisco Tasse e imposte Partita IVA: scopri se il concordato preventivo può farti risparmiare

Partita IVA: scopri se il concordato preventivo può farti risparmiare

Approfondisci il concordato preventivo biennale per partite IVA, con le nuove regole del 2025, vantaggi fiscali e strumenti digitali per aderire.

25 Giugno 2025 09:30

La ricerca di certezza fiscale per le partite IVA si arricchisce di uno strumento che promette stabilità e minori sorprese nei rapporti con il fisco: il concordato preventivo. Eppure, nonostante la sua presentazione come una delle grandi novità del 2025, questa soluzione fatica a conquistare la fiducia degli operatori economici, complice una partenza a rilento e un quadro normativo che, tra aggiornamenti e correttivi, sembra ancora in cerca di un equilibrio.

Proviamo allora a fare chiarezza, per capire se davvero conviene mettersi al riparo sotto l’ombrello del concordato.

Un patto con il fisco: come funziona il concordato preventivo

Il concordato preventivo si presenta come un patto biennale con il fisco, grazie al quale le partite IVA possono stabilire in anticipo il proprio reddito imponibile e, di conseguenza, le imposte da versare per due anni.

L’Agenzia delle Entrate elabora una proposta personalizzata, incrociando i dati fiscali con gli Indici Sintetici di Affidabilità (ISA), che il contribuente può accettare in cambio di benefici tangibili: meno controlli e maggiore tranquillità nei rapporti con l’amministrazione. Non si tratta di una scelta “al buio”: strumenti digitali come “RedditiOnline” e il software “Il tuo Isa” aiutano a valutare la convenienza dell’adesione, semplificando i calcoli e fornendo simulazioni mirate.

Soglie, limiti e nuovi paletti: cosa cambia nel 2025

Uno degli aspetti più discussi riguarda le soglie minime di reddito, differenziate in base all’attività svolta: si va dai 25.912 euro per le farmacie ai 14.450 euro per gli studi medici, solo per citare alcuni casi emblematici.

Se il reddito effettivo supera quello concordato di oltre 85.000 euro, scattano imposte aggiuntive calcolate secondo le aliquote marginali IRPEF o, per le società, al 24%. La vera novità è però l’esclusione dei contribuenti forfettari dal meccanismo: una scelta dettata dalla scarsa adesione registrata nella fase sperimentale, che costringerà molti professionisti a rivalutare le proprie strategie fiscali.

Opportunità o rischio? La partita aperta della certezza fiscale

Nonostante i risultati iniziali poco incoraggianti – solo il 2% di adesioni nel 2024 – il concordato preventivo resta una potenziale opportunità per chi desidera mettere ordine nei rapporti con il fisco.

Il recente decreto correttivo ha allungato i termini per l’adesione e reso più articolato il sistema di calcolo delle imposte in caso di superamento delle soglie, segno che la macchina normativa è ancora in fase di rodaggio.

Serve però, e lo si percepisce tra gli addetti ai lavori, una maggiore chiarezza normativa per trasformare il concordato in una scelta davvero appetibile e non solo in una delle tante promesse di semplificazione fiscale.

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