Finanza Notizie Mondo World Economic Forum: a Davos FMI, Shiller e Stiglitz mettono il mondo e gli investitori sull’attenti

World Economic Forum: a Davos FMI, Shiller e Stiglitz mettono il mondo e gli investitori sull’attenti

23 Gennaio 2018 09:06

Non compiacersi troppo per la crescita economica globale, che è attesa al ritmo più forte in sette anni, ma che non deve diventare un alibi per abbassare la guardia. E’ il messaggio che arriva dall’Fmi, che ha presentato l’aggiornamento al suo World Economic Outlook a Davos, in occasione del World Economic Forum.

Ma è anche il messaggio di diversi economisti che si trovano a Davos, preoccupati che la situazione appaia troppo positiva per essere vera. In particolare, il Premio Nobel Robert Shiller avvertre: “In questo momento siamo troppo compiacenti”, tanto che l’economista, ora professore alla Yale University, ha fatto anche un parallelismo potenziale tra il quadro attuale e quello del 1929, anno in cui il crollo di Wall Street scatenò la Grande Depressione. Una qualsiasi correzione, ha precisato,  “probabilmente non sarebbe forte come quella del 1929, ma potrebbe scatenare turbolenze”.

Invito alla prudenza anche da Christine Lagarde, numero uno del Fondo Monetario Internazionale: “La crescita globale sta accelerando il passo dal 2016 e tutti i segnali puntano a un suo continuo rafforzamento, sia per quest’anno che per l’anno prossimo – ha detto Lagarde, nel corso di una conferenza stampa – Dunque, si tratta di notizie ben accolte..ma la compiacenza è uno dei rischi contro cui dovremmo mantenere la guardia”.

Per diversi motivi, che Lagarde elenca: “Prima di tutto, ci sono ancora troppe persone che sono lasciate fuori dai benefici di questa ripresa e accelerazione della crescita. Di fatto, circa 1/5 dei paesi emergenti e in via di sviluppo ha assistito a un calo del reddito pro-capite, nel corso del 2017″.

La “seconda ragione (della cautela) risiede nel fatto che, chiaramente, questa è una ripresa soprattutto ciclica“. Ciò implica che “le forze fondamentali che ci hanno fanno preoccupare sull’avvento di un’era in stile ‘Nuovo mediocre”, in altre parole, le cicatrici che la crisi ha lasciato – la bassa produttività, l’invecchiamento della popolazione e il potenziale della crescita futura – sono tutti fattori che peseranno nelle prospettive di medio termine”.

E poi c’è il terzo motivo per non abbassare la guardia, che risiede nella crescita di “vulnerabilità del settore finanziario potenzialmente pericolose”. Senza poi dimenticare che ci sono stati aumenti “preoccupanti” dei debiti in diversi paesi.

Per l’FMI, un possibile elemento scatenante di una correzione dei mercati sarebbe una ripresa più veloce rispetto alle attese dell’inflazione core dei paesi avanzati e dunque dei tassi di interesse, in un contesto di accelerazione della domanda.

E netto è il giudizio del Premio Nobel Joseph Stiglitz: “Il rischio politico più significativo è rappresentato dagli Stati Uniti”. L’incertezza, continua, “è negativa per l’economia globale”. 

Da segnalare che l’Fmi ha affermato che la crescita economica globale accelererà al ritmo più forte in sette anni, grazie al sostegno della riforma fiscale di Trump che, con il taglio alle tasse, alimenterà la crescita degli investimenti.

Il fondo ha rivisto l’outlook sull’espansione globale al +3,9% per il 2018 e 2019. Si tratterebbe del ritmo più forte dal 2011, quando l’intero globo si stava riprendendo dagli effetti della crisi finanziaria.

I tagli alle tasse degli States permetteranno al Pil Usa di salire quest’anno del 2,7%.

Ma la svolta protezionistica degli Usa non invita all’ottimismo. Il presidente americano Donald Trump ha minacciato di stralciare il trattato Nafta. E quello slogan, “America First”, l’America per prima”, che ha tanto sbandierato nei giorni infuocati della campagna elettorale è diventato un perno attorno a cui ruota la politica commerciale Usa. 

Venti di guerra stanno già soffiando proprio a Davos, visto che Trump ha appena annunciato l’imposizione di dazi del 30% su lavatrici e pannelli solari importati, scatenando subito la rabbia di Pechino, ma anche della Corea del Sud, visto che sono soprattutto i colossi sudcoreani Samsung e Lg produttori attivi nel settore.