Notiziario Notizie Italia Usa Vs Huawei, anche l’Italia nel mirino di Trump

Usa Vs Huawei, anche l’Italia nel mirino di Trump

22 Agosto 2019 14:46

Tra le 46 divisioni di Huawei finite nella lista nera del Commercio Usa c’è anche Huawei Italia. Tra i laboratori colpiti a livello globale, inoltre, c’è il centro ricerche di Milano. Nulla di allarmante per quanto riguarda le attività pratiche delle unità tricolore, ma a livello politico qualcosa da segnalare c’è per quanto riguarda il futuro del 5G nel nostro Paese.

 

Huawei, infatti, sta sperimentando il nuovo standard in due aree pilota (Bari-Matera e Milano), mentre la rivale cinese Zte a L’Aquila-Prato. Il laboratorio di Milano è importante perché è stata la prima struttura di ricerche globale di Huawei ed è guidata da uno dei più noti scienziati del gruppo, Renato Lombardi, impegnato nello studio delle tecnologie delle microonde applicate alla comunicazione mobile e satellitare. Il centro, a Segrate, è stato aperto nel 2008, prima come di competenza e poi trasformato nel 2011 in uno di ricerca globale, dedicato allo sviluppo delle onde ad alta frequenza, con solidi legami di cooperazione con 14 università italiane. Attualmente, vi lavorano un centinaio di dipendenti ad alta specializzazione.

 

L’amministrazione Trump ha portato a più del 20% il totale dei centri di ricerca e sviluppo (R&D) e di innovazione del gruppo nella lista nera del commercio Usa, puntando a colpirne la capacità d’innovazione. Sono circa 90.000 i dipendenti di Huawei della ricerca e sviluppo, pari al 45% della forza lavoro totale. Nel 2018 le risorse R&D sono state 101,5 miliardi di yuan (14,37 miliardi di dollari), il 14,1% dei ricavi. Negli ultimi 10 anni, il capitolo ha visto una spesa di oltre 480 miliardi di yuan.

 

Il Ceo di Huawei Ren Zhengfei ha affermato che è di fronte “a una crisi tra la vita e la morte” per le pressioni dell’amministrazione Usa, descrivendo in un memo ai dipendenti la situazione come una “battaglia”. In una nota la società ha accusato gli Stati Uniti di aver preso delle decisioni per “motivazioni politiche” che nulla hanno “a che vedere con la sicurezza nazionale”.