Finanza Notizie Italia Decreto dignità, esplode caso Riders. Foodora minaccia di lasciare Italia. Di Maio: guerra al precariato

Decreto dignità, esplode caso Riders. Foodora minaccia di lasciare Italia. Di Maio: guerra al precariato

18 Giugno 2018 11:10

Foodora boccia il “decreto dignità” sfornato dal vicepremier e neo ministro del Lavoro nonché leader del M5S, Luigi Di Maio. In un’intervista rilasciata a Il Corriere della Sera, il ceo di Fodoora – tra i principali operatori del food delivery -, minaccia di lasciare l’Italia.

“Se fossero vere le anticipazioni del decreto dignità che il ministro Di Maio ha fornito alle delegazioni di rider incontrate, dovrei concludere che il nuovo governo ha un solo obiettivo: fare in modo che le piattaforme digitali lascino l’Italia – dice Gianluca Cocco al Corriere, continuando – Quella che filtra è una demonizzazione della tecnologia che ha dell’incredibile, quasi medievale e in contraddizione con lo spirito modernista del Movimento 5 Stelle”.

Per il numero uno di Foodora la verità è semplice: è impossibile assumere tutti i rider, ovvero tutti i fattorini che vanno in giro per l’Italia a consegnare pizze e quant’altro ordinato da chi vuole godersi una cena ordinando del cibo a casa.

Che si geli quando là fuori le temperature ai minimi, o piova a dirotto, i Riders-noti anche come ciclofattorini – sono sempre lì, pronti a schizzare con le loro biciclette o scooter, per consegnare il cibo nelle varie abitazioni.

Un servizio della trasmissione di L’Aria che Tira su La 7, ha messo in evidenza le precarietà di questo lavoro, e l’intenzione dei diretti interessati di organizzarsi da Roma, Torino, Firenze, Milano, per rivendicare i loro diritti alle piattaforme di food delivery.

Qualcosa sta cambiando, visto che Deliveroo per esempio, ha lanciato qualche prima forma di tutela per i Riders. Ma indicativo è anche il caso di quei sei ex riders di Torino che hanno anche perso una importante causa proprio contro la multinazionale tedesca Foodora, dopo essere scesi in piazza chiedendo risarcimenti e assunzioni.

Il Tribunale alla fine ha dato ragione, infatti, all’azienda, stabilendo che i fattorini fossero solo collaboratori autonomi e non dipendenti effettivi. Ma uno degli avvocati dei sei fattorini, aveva fatto notare come i riders avessero un contratto Co.co.co e nonostante ciò venissero trattati come lavoratori dipendenti.

“Basti pensare che i loro movimenti erano costantemente monitorati, c’era un assoluto controllo gerarchico”.

Inoltre, il legale Giulia Diretta riferì al Corriere della Sera che l’azienda aveva escluso dai turni chi non era d’accordo e che un Rider aveva addirittura raccontato che, “in cambio di notizie sui colleghi, avrebbe avuto un contratto”.

Il caso Foodora è letteralmente scoppiato dopo che Di Maio ha incontrato i Riders, e alla luce dell’annuncio dello scorso 14 giugno, con cui ha reso noto che il “nostro primo provvedimento sarà il ‘Decreto dignità’, dopo un incontro con i Riders di Milano e Bologna.

Di Maio ha annunciato che all’interno del dl ci saranno “revisioni al Jobs Act, perché deve finire l’epoca della precarietà infinita”.

Di qui la reazione di Foodora. Ma il neo ministro del Lavoro non ha battuto ciglio e ha detto “no a ricatti” in attesa dell’incontro, fissato per la giornata di oggi, alle 14 ora italiana, con i rappresentanti delle aziende Foodora, Deliveroo, JustEat, Glovo e Domino’s pizza, al fine di gestire la situazione.

I contenuti del decreto dignità disciplinano di fatto anche i Riders del food delivery, proponendo un salario minimo, ferie e niente cottimo.

Ma, appunto, per l’AD di Foodora Cocca, assumere tutti i rider è una Mission Impossible.

Il decreto ingessa la flessibilità, parte dal riconoscimento dell’attività dei Riders come lavoro subordinato. Così gli operatori saranno costretti ad assumere tutti i collaboratori, chiuderanno i battenti e trionferà il sommerso. Secondo una ricerca condotta in collaborazione con l’Inps solo il 10% dei rider lo considera un lavoro stabile. Il 50% sono studenti, il 25% lo esercita come secondo lavoro e un altro 10% lo considera un’attività di transizione. La durata media è 4 mesi, non di più“.

Ma il caso Foodora mette in evidenza, per l’ennesima volta, le forti tensioni tra la comunità degli imprenditori e quella dei dipendenti.

Il Codacons scende intanto in campo a sostegno del Governo sulla vicenda dei Riders.

“Chiediamo al Ministro Di Maio di non cedere ai ricatti delle aziende del settore e di proseguire sulla strada annunciata per dare diritti ai lavoratori – spiega il presidente Carlo Rienzi – Le minacce di Foodora sono inaccettabili: se l’azienda vuole abbandonare l’Italia la porta è aperta e nessuno la fermerà, ma la società non può imporre alle istituzioni le linee da seguire nella tutela dei tanti ragazzi che ogni giorno mettono a rischio la propria vita per un lavoro poco remunerativo e senza alcuna garanzia”.

“Riteniamo scandalose le dichiarazioni di Foodora – continua la nota del Codacons – e abbiamo deciso di investire la Procura di Roma della questione, chiedendo di accertare se le affermazioni della società possano rappresentare una indebita forma di pressione ai danni del Governo. L’associazione sta inoltre studiando una azione legale riservata ai Riders, finalizzata a far ottenere loro i diritti economici che finora non sono stati riconosciuti dalle aziende del settore”

Cocco intanto spiega: “Oggi un nostro fattorino guadagna 5 euro per ciascuna consegna e in un’ora ne può fare anche tre. In busta paga gli entrano 3,60 euro, il resto è contribuzione Inps e Inail. Se ne può discutere (riguardo ad aumentare la paga) rispettando però la sostenibilità del conto economico delle nostre aziende.

Da segnalare, come riporta il Corriere della Sera, che le novità allo studio del governo ci sono le seguenti proposte:

“Ai lavoratori coordinati da una piattaforma digitale si potrebbe applicare un contratto di lavoro subordinato con un trattamento economico minbimo non inferiore ai minimi previsti dal contratto collettivo nazionale corrispondente o a quelli del contratto della categoria più affine”.

Inoltre nella bozza di decreto si dice che “non è consentito retribuire a cottimo i lavoratori coordinati dalle piattaforme. Inoltre le società della gig economy dovrebbero informare i lavoratori sulle modalità di formazione di un rating reputazionale tramite l’algoritmo della piattaforma”.

A tal proposito, alla domanda che gli fa notare che Di Maio vuole appunto che l’algoritmo diventi trasparente al fine di evitare discriminazioni, Cocco spiega:

“Il nostro è già trasparente perchè tutti i rider possono decidere se presentarsi o no, se accettare o no la singola consegna senza che ne derivi nessun danno reputazionale. Garantiti questi principi, non possiamo però mettere l’algoritmo in piazza perchè è proprietà intellettuale ed è la chiave della competizione tra imprese“.

Intanto Di Maio controbatte già all’intervista, con un post su Facebook:

“Da Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico ho tutta la volontà di favorire la crescita di nuove attività legate alla gig economy e nessuno vuole demonizzare le attività legate all’uso di piattaforme innovative. Ma ho il dovere di tutelare i ragazzi che lavorano in questo settore. I riders oggi sono il simbolo di una generazione abbandonata dallo Stato. Le innovazioni servono a far migliorare la qualità della vita dei cittadini e se si creano ingiustizie a scapito di giovani o meno giovani, spetta allo Stato intervenire con fermezza. Da Ministro ho deciso di dichiarare guerra al precariato. Lo stato continuo di precarietà e incertezza dei giovani italiani sta disgregando la nostra società. Sta facendo impennare il consumo di psicofarmaci. E facendo calare la crescita demografica. La mia intenzione è garantire da un lato le condizioni migliori per i lavoratori, dall’altro consentire alle aziende di operare con profitto per creare nuovo lavoro. Se lavoriamo insieme l’Italia diventerà il modello da seguire per le attività legate alle imprese che operano su piattaforme digitali. Ma sia chiaro. Non si accettano ricatti. I nostri giovani prima di tutto”.