Finanza Notizie Italia Coronavirus, alert Bankitalia su debiti imprese e famiglie: già a 75 miliardi richieste moratoria

Coronavirus, alert Bankitalia su debiti imprese e famiglie: già a 75 miliardi richieste moratoria

15 Aprile 2020 12:05

Vendite al dettaglio -24% in Francia. Crollo della produzione industriale, in Italia, pari a -15%, secondo le stime di Bankitalia: -15% anche i consumi industriali di gas e elettricità, sempre secondo Palazzo Koch.

La conta dei danni inflitti all’economia di tutto il mondo dal coronavirus inizia. I dati di marzo, sia nel caso della Francia che in quello dell’Italia, danno più di un’idea di quello che è stato l’impatto, a marzo, del lockdown (il Great lockdown come lo ha definito il Fondo Monetario Internazionale) provocato dal Covid-19.

La banca di Francia ha reso noto che, nel mese di marzo, le vendite al dettaglio del paese sono così crollate del 24% su base mensile, pagando gli effetti della pandemia da coronavirus sui consumi. In particolare, a causa del lockdown e delle misure di contenimento lanciate da Parigi per arginare i contagi, le vendite dei beni industriali hanno sofferto un tonfo del 43% rispetto a febbraio, mentre quelle di beni alimentari hanno segnato un calo limitato a -0,9%.

Complessivamente, nel primo trimestre dell’anno, il dato relativo alle vendite al dettaglio francesi è sceso del 7,2% rispetto al trimestre precedente. Le vendite dei department stores sono quelle che hanno sofferto di più, con un tracollo del 19,3%. Bene invece le vendite dei supermercati (+7.4%) e ipermercati (+1,7%). Così in Francia.

BANKITALIA STIMA CROLLO PRODUZIONE INDUSTRIALE -15% A MARZO

Riguardo all’Italia, “a marzo la produzione industriale avrebbe subito una contrazione pari a circa il 15%”. Lo hanno detto il capo della Vigilanza di Bankitalia, Paolo Angelini, e il responsabile del servizio Stabilità finanziaria, Giorgio Gobbi, nel corso di un’audizione alla commissione d’inchiesta parlamentare sul sistema bancario.

Inoltre “nel mese di marzo, i consumi di elettricità e di gas nel settore industriale si sono ridotti di circa il 15% rispetto a un anno prima”.

La situazione è tale che, secondo Bankitalia, e nonostante il decreto Cura Italia, le imprese potrebbero aver bisogno di una liquidità aggiuntiva, pari a 50 miliardi, visto che il forte calo delle vendite, “al quale non corrisponde un’analoga riduzione dei costi a causa della inelasticità di alcune voci di spesa, sta causando un rapido deterioramento delle condizioni di liquidità delle imprese”.

“Anche considerando l’effetto positivo di alcune delle misure contenute nel decreto Cura Italia (ampliamento della Cig e moratoria per le Pmi) e supponendo un completo utilizzo delle linee di credito disponibili, le nostre stime indicano che tra marzo e luglio il fabbisogno aggiuntivo di liquidità delle imprese possa raggiungere i 50 miliardi”.

BANKITALIA LANCIA ALERT COVID SU REDDITO FAMIGLIE, OCCHIO A DATI RICHIESTE MORATORIA

Ma certo anche le famiglie non se la passano affatto bene. Bankitalia lancia l’alert sul rischio aumento debiti.

Certo, è vero che l’impatto “delle misure di contenimento della pandemia sul reddito disponibile delle famiglie e sulla disoccupazione dovrebbe essere mitigato dall’ampio ricorso alla cassa integrazione guadagni (Cig)”. Detto questo, “l’aumento dell’incertezza e i vincoli alla mobilità graveranno comunque fortemente sui consumi privati. L’improvvisa riduzione del reddito, o per alcune categorie di lavoratori il completo venire meno, può tradursi in difficoltà di rimborso dei debiti”.

Le condizioni precarie in cui versano famiglie e imprese vengono certificate dagli stessi numeri relativi alle richieste di moratoria: i primi dati raccolti dalle banche “mostrano che al 3 aprile sono state presentate domande di moratoria su circa 660mila prestiti e linee di credito, per un totale di 75 miliardi di debito residuo”.

Di queste richieste legate all’emergenza Covid, “circa 440mila posizioni (per 58 miliardi) fanno capo a imprese, mentre la parte restante è relativa alle famiglie”.

Ovviamente, tutto ciò va a discapito delle banche, che hanno erogato prestiti a famiglie e imprese. E che ora rischiano di non vederli tornare più indietro e di dover concentrarsi, di nuovo, sul problema dei crediti deteriorati, che stavano già riducendo da un bel po’ di anni, ottenendo tra l’altro e in alcuni casi risultati soddisfacenti. E invece no. Lo shock economico “generato dalla pandemia da coronavirus, a parità di altre condizioni, potrebbe generare un forte aumento del tasso di deterioramento dei prestiti“.

Per questo motivo, per le banche “che già presentavano elementi di fragilità, è possibile che le azioni poste in essere dal governo e dalle autorità di vigilanza non siano sufficienti a permettere loro di sostenere le conseguenze economiche della pandemia”.

Di conseguenza ci sarà bisogno, “in questi casi, al pari di quanto fatto per le altre imprese, valutare tempestivamente la possibilità di indirizzare il sostegno pubblico per favorire processi aggregativi anche degli intermediari di minore dimensione e maggiormente a rischio”. Praticamente, viene auspicato l’intervento statale nel capitale degli istituti meno solidi.

Il punto infatti, hanno spiegato i due funzionari, è che “la crisi conseguente all’emergenza sanitaria potrebbe accentuare le difficoltà che restavano in alcuni segmenti del sistema bancario, interrompendone il processo di rafforzamento. Ciò varrà a maggior ragione per quegli intermediari di piccole dimensioni e caratterizzati da un modello di business tradizionale che già prima dello scoppio dell’epidemia incontravano difficoltà a mantenere livelli di redditività soddisfacenti”.

BANCHE ORA HANNO PIU’ CAPITALI DA CANALIZZARE A SOSTEGNO ECONOMIA

C’è da dire allo stesso tempo che, in generale, ora le banche dispongono di un maggiore capitale, che può essere canalizzato per sostenere in misura più importante l’economia italiana.

Per il sistema bancario italiano “i chiarimenti in materia di capitale consentono alle banche di ‘tirare’ su risorse patrimoniali per un ammontare pari a quasi quattro punti percentuali di Cet1 ratio – hanno fatto notare Gobbi e Angelini – Il capitale così liberato dovrà essere utilizzato per sostenere l’economia mantenendo intatta la robustezza del sistema, non per accrescere in questo momento i pagamenti ad azionisti e manager”.

“Un ulteriore fronte d’intervento – hanno continuato – ha riguardato le politiche dei dividendi. La richiesta (arrivata dalla Bce) di posporre i dividendi ha fatto sì che i profitti del 2019 che le banche avevano programmato di distribuire agli azionisti (circa 5,5 miliardi, pari a un ulteriore mezzo punto percentuale di Cet1 ratio) rimangano per il momento all’interno del sistema bancario”. E queste somme congelate, così come le somme pensate per i buyback azionari, anche essi congelati, rappresentano ora una importante risorsa per l’economia afflitta dagli effetti del coronavirus.