Finanza Fondi pensione: solo il 17% delle donne in Italia aderisce. Le ragioni

Fondi pensione: solo il 17% delle donne in Italia aderisce. Le ragioni

5 Marzo 2025 13:31

Complice il caro vita, la pensione che eroga lo Stato non appare sufficiente a garantire un adeguato stile di vita. Una soluzione da considerare può essere quella di aderire ad una forma di previdenza integrativa. Ma numeri alla mano, sono pochi gli italiani che lo fanno, specie tra le donne.

Su oltre 24,2 milioni di cittadini in età lavorativa, quelli che hanno un fondo pensione sono solamente il 26%, ma tra le giovani donne il tasso di adesione scende al 17%. Una tendenza messa in evidenza dall’osservatorio di Moneyfarm che ha analizzato la situazione previdenziale delle donne in Italia.

Fondi pensione: poche le donne che aderiscono

Sul fronte della previdenza complementare, il tasso di adesione tra le giovani donne di età compresa tra i 30 e i 39 anni crolla al 17% contro il 26% degli uomini. Il motivo è da ricondurre non soltanto al fatto che le giovani lavoratrici aderiscano meno degli uomini ai fondi pensione (27% vs 33%), ma soprattutto al fatto che vi siano ben 17 punti di tasso di occupazione a separarle dai loro coetanei uomini.

Le donne percepiscono una pensione più bassa rispetto agli uomini ma prima ancora percepiscono uno stipendio più basso. Secondo l’edizione 2023 dell’Osservatorio INPS sui lavoratori dipendenti del settore privato difatti, la retribuzione media annua degli uomini è infatti pari a 26.227 euro contro i 18.305 euro delle donne, con una differenza di quasi 8.000 euro all’anno che si traduce inevitabilmente in un assegno più basso per le future pensionate.

In sostanza, le donne italiane percepiscono pensioni inferiori del 36% circa rispetto agli uomini, un divario in continuo aumento, riconducibile – dice l’analisi di Moneyfarm –  al gap retributivo di genere e alla discontinuità lavorativa, che penalizzano pesantemente le lavoratrici italiane.

Donne: il costo sommerso della cura della famiglia

Una delle questioni principali, secondo Moneyfarm, è da ricercarsi nel divario salariale di genere che inizia solitamente a manifestarsi quando le donne raggiungono l’età in cui si tende a mettere su famiglia: il tema è dunque strettamente legato al costo “sommerso” della cura di figli e familiari. 

 Secondo il rapporto mondiale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, le donne italiane si fanno carico della quasi totalità (74%) del tempo dedicato all’assistenza e alla cura della persona non retribuite: oltre 5 ore di lavoro al giorno a titolo gratuito, contro le neanche 2 ore degli uomini. Secondo i calcoli di Moneyfarm, se per questo lavoro “extra” di 3 ore al giorno alle donne venisse corrisposto un salario minimo di 9 euro all’ora per 5 giorni alla settimana, a fine anno una lavoratrice potrebbe contare su circa 7.000 euro in più.

Proprio a causa del carico di lavoro legato alla cura della famiglia, il 21% delle donne italiane in età lavorativa dichiara di non cercare attivamente un impiego o di non essere disponibile a lavorare. Nel complesso, le donne tra i 30 e i 59 anni hanno un tasso di occupazione medio del 63% circa, contro l’83% degli uomini, ma per le madri di bambini di età inferiore ai sei anni il tasso di occupazione cala al 53,3%.

Per quanto l’Italia resti tra i Paesi con la più elevata proporzione di occupati rispetto alla popolazione in età lavorativa, dunque, le disuguaglianze di genere nel mondo del lavoro restano evidenti, anche rispetto a Paesi europei come Francia e Germania, dove la percentuale di lavoro non retribuito di assistenza e cura svolto dalle donne è inferiore di oltre 10 punti percentuali (Francia 61% e Germania 62%).