Finanza Dati Macroeconomici Coronavirus manda al tappetto l’industria: produzione crolla del 28,4% a marzo, calo più forte mai registrato

Coronavirus manda al tappetto l’industria: produzione crolla del 28,4% a marzo, calo più forte mai registrato

11 Maggio 2020 10:40

Crollo della produzione industriale italiana a marzo. Nel pieno dell’emergenza da coronavirus le misure di contenimento della pandemia determinano una caduta peggiore delle attese. Nel dettaglio, secondo i dati diffusi dall’Istat nel mese di marzo l’indice destagionalizzato della produzione industriale ha mostrato una flessione del 28,4% rispetto a febbraio. Nella media del primo trimestre dell’anno, il livello destagionalizzato della produzione è sceso dell’8,4% rispetto ai tre mesi precedenti.

L’indice destagionalizzato mensile ha registrato “marcate diminuzioni congiunturali in tutti i comparti”. Variazioni negative hanno caratterizzato, infatti, i beni strumentali (-39,9%), i beni intermedi (-27,3%), i beni di consumo (-27,2%) e l’energia (-10,1%). Corretto per gli effetti di calendario, a marzo 2020 l’indice complessivo è diminuito in termini tendenziali del 29,3% (i giorni lavorativi sono stati 22 contro i 21 di marzo 2019). Il consensus Bloomberg indicava una flessione mensile del 20% dal -1% di febbraio, e una contrazione annua del 18,3% dal precedente -2,3 per cento. Con diminuzioni particolarmente accentuate in tutti i settori: beni strumentali (-39,0%), beni intermedi (-28,7%), beni di consumo (-26,2%) ed energia (-10,5%).

L’istituto di statistica ha segnalato che tutti i principali settori di attività economica hanno registrato variazioni tendenziali negative” e ha indicato che “le più rilevanti” riguardano quelle della fabbricazione di mezzi di trasporto (-52,6%), delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-51,2%), della fabbricazione di macchinari e attrezzature n.c.a. (-40,1%) e della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-37%). Tra i singoli settori “relativamente meno accentuato è il calo nelle industrie alimentari, bevande e tabacco che, considerando la media degli ultimi tre mesi mantengono una dinamica tendenziale positiva”.

Commentando i dati odierni l’Istat ha sottolineato che “in termini tendenziali l’indice corretto per gli effetti di calendario mostra una diminuzione che è la maggiore della serie storica disponibile (che parte dal 1990), superando i valori registrati nel corso della crisi del 2008-2009. Senza precedenti anche la caduta in termini mensili dell’indice destagionalizzato”.

Senza molti giri di parole l’Unione Nazionale Consumatori (UNC) la definisce “una disfatta”. “Il Coronavirus ha travolto le nostre industrie producendo un tracollo record. Un vero e proprio terremoto che ha abbattuto il nostro sistema industriale” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’associazione, rimarcando che si tratta di “una caduta che non ha precedenti neanche rispetto all’anno horribilis del 2009. Rispetto a marzo 2009, infatti, la produzione è ora inferiore del 23,4%. Per i beni di consumo durevoli, poi, la distanza rispetto a 11 anni fa è del 53,7%, ossia più della metà”. “Il crollo su base annua del 29,3% registrato oggi è persino superiore a quello che si era verificato nel 2009, quando ci fu un tonfo della produzione rispetto a marzo 2008 del 25,9%”, conclude Dona.

Per il Codacons si tratta di una vera e propria “Caporetto” per l’industria italiana. “Dopo le vendite al dettaglio e l’inflazione, anche l’indicatore economico della produzione industriale risente a marzo degli effetti devastanti del coronavirus – spiega il presidente Carlo Rienzi –. Per avere un quadro di come l’emergenza abbia impattato sull’economia, basta guardare i dati odierni relativi ai beni di consumo, che rispetto al mese precedente calano del -27,2%, con un tracollo per quelli “durevoli” che raggiungono il record del -57,1% su mese e -49,4% su anno”. Secondo Rienzi, il vero problema è che “anche al termine del lockdown l’industria risentirà in modo importante dell’effetto coronavirus, per il semplice fatto che migliaia di aziende non riusciranno più a riaprire, e numerosi cittadini perderanno il lavoro, con conseguenze per l’intera economia nazionale”.