Finanza Personale Poste Italiane multate dall’Antitrust per le richieste di accesso ai dati

Poste Italiane multate dall’Antitrust per le richieste di accesso ai dati

Le app Postepay e Bancoposta richiedono l'accesso a dati sensibili per motivi di sicurezza. Critiche per possibili violazioni del GDPR.

Pubblicato 12 Giugno 2025 Aggiornato 12 Giugno 2025 18:06

Nell’era digitale, la gestione delle proprie finanze tramite app è diventata una pratica quotidiana, ma quello che sta accadendo con Postepay e Bancoposta ha lasciato molti utenti con l’amaro in bocca. Chi avrebbe mai pensato che, per poter continuare a utilizzare servizi tanto diffusi, ci si sarebbe dovuti trovare davanti a una scelta tanto spinosa tra privacy e comodità?

Eppure, ad aprile 2024, una notifica di Poste Italiane ha cambiato le carte in tavola, chiedendo ai clienti Android di concedere permessi invasivi sul proprio smartphone, pena il blocco dell’accesso dopo soli tre utilizzi in caso di rifiuto. Una richiesta che ha fatto sollevare più di un sopracciglio e acceso un acceso dibattito sulla tutela dei dati personali.

Richieste di autorizzazioni eccessive: dove finisce la sicurezza e dove inizia l’invasione?

Le nuove autorizzazioni non si limitano a garantire la protezione dell’utente: si spingono ben oltre, arrivando a monitorare l’attività di altre app, comprese quelle bancarie concorrenti, la frequenza di utilizzo e persino dettagli sul gestore telefonico.

Una raccolta così ampia di dati personali non è passata inosservata: Altroconsumo ha puntato il dito contro questa pratica, definendola un vero e proprio scivolone rispetto al principio di minimizzazione sancito dal GDPR. In sostanza, la normativa europea impone alle aziende di raccogliere solo le informazioni strettamente necessarie, garantendo un consenso davvero libero e informato. Ma come si può parlare di libertà quando il mancato assenso comporta l’esclusione dal servizio?

La posizione di Poste Italiane: sicurezza o pretesto?

Dal canto suo, Poste Italiane non ci sta e si difende a spada tratta: secondo l’azienda, l’accesso a questi dati sarebbe fondamentale per individuare eventuali software malevoli presenti sul dispositivo dell’utente.

Una posizione che, almeno a parole, si allinea alle direttive europee in materia di sicurezza informatica. Ma viene da chiedersi: si tratta davvero di una necessità imprescindibile o di un pretesto per ampliare la raccolta di informazioni?

Il ruolo del Garante della Privacy: chi tutela davvero gli utenti?

Di fronte a uno scenario così delicato, Altroconsumo ha deciso di chiamare in causa il Garante della Privacy, chiedendo di fare chiarezza sulla legittimità delle richieste avanzate da Poste Italiane e di intervenire a tutela dei diritti degli utenti.

Il punto cruciale, infatti, è trovare un equilibrio tra la sicurezza informatica – che nessuno vuole mettere in discussione – e il rispetto della privacy, oggi più che mai un bene prezioso. Perché se è vero che i dati personali sono diventati la moneta del mondo digitale, è altrettanto vero che il loro valore va difeso con i denti, senza scendere a compromessi che rischiano di mettere a repentaglio la fiducia degli utenti nei confronti dei servizi che usano ogni giorno.

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