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Phishing: quando la banca deve rimborsare e quando il cliente rischia

Phishing bancario: le regole per il rimborso, la responsabilità delle banche e i casi in cui il cliente rischia di non essere tutelato. Tutto quello che devi sapere.

18 Settembre 2025 17:30

L’aumento dei tentativi di phishing in Italia ha creato un clima di preoccupazione per i correntisti, spesso inconsapevoli del rischio che corrono nel condividere informazioni sensibili. Le moderne frodi sfruttano canali sempre più sofisticati, inducendo i clienti a rivelare dati personali.

In questo contesto, la banca si trova responsabile della protezione dei propri clienti e, in caso di operazioni non autorizzate, può essere obbligata a fornire rimborsi. Tuttavia, ogni caso viene valutato singolarmente, analizzando la dinamica delle truffe e il grado di diligenza mostrato dal titolare del conto.

Protezione e limiti della sicurezza

Per contenere i fenomeni legati alle truffe online, gli istituti di credito investono in sistemi di sicurezza bancaria sempre più avanzati. Le frodi, però, si evolvono di pari passo: e-mail e messaggi fraudolenti si mimetizzano in modo quasi perfetto con le comunicazioni ufficiali, e i malintenzionati utilizzano tecniche ingannevoli per aggirare le protezioni standard.

In diverse sentenze, i tribunali italiani hanno sottolineato l’importanza di monitorare gli “alert” di possibile frode ed evidenziare eventuali operazioni sospette. Se l’istituto non adotta procedure adeguate o non avvisa preventivamente, può essere ritenuto responsabile per le perdite subite dai clienti.

Errore umano e attenzione alle credenziali

Il giudice tende a valutare attentamente l’errore umano, soprattutto quando il correntista fornisce credenziali su siti poco affidabili o non autorizzati. Per ridurre tale rischio, è fondamentale non cliccare su link sospetti e non seguire istruzioni provenienti da mittenti sconosciuti. In alcuni casi, come quando le truffe mostrano grossolani errori nella grafica o nel testo, i tribunali ritengono che il danno sarebbe stato evitabile con un minimo di prudenza.

D’altro canto, capita che le vittime siano particolarmente vulnerabili – si pensi alle persone anziane o poco avvezze alle tecnologie – e questa condizione può influenzare la sentenza favorevole al rientro delle somme perdute.

Il concetto di colpa grave e responsabilità condivisa

Le corti analizzano sempre l’elemento della colpa grave, ossia la condotta imprudente o negligente da parte del cliente. Se l’istituto riesce a dimostrare che l’utente ha ignorato ripetuti avvertimenti o ha compiuto azioni insensate (come inserire dati riservati in pagine web palesemente contraffatte), il rimborso può essere negato.

È in questa zona grigia che si apre il dibattito sulla responsabilità condivisa: da un lato, la banca deve garantire procedure e strumenti efficaci, dall’altro il correntista è chiamato a mantenere un comportamento consapevole. Solo adottando un approccio proattivo ed equilibrato, entrambi i soggetti possono tutelarsi al meglio da perdite economiche ingenti.

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