Dazi, ecco chi rischia davvero in Europa
Gli USA introdurranno dazi al 30% sui prodotti UE: chi rischia di davvero? Scopri quali sono i settori più colpiti.
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La recente decisione di introdurre i dazi del 30% sulle merci provenienti dall’Europa ha creato un vero scossone lungo l’asse commerciale transatlantico, generando timori tra produttori, investitori e governi.
L’operatività della misura, annunciata a partire dal primo agosto 2025, punta a riequilibrare a detta degli Stati Uniti un presunto divario negli scambi con il Vecchio Continente. Stando alle ultime stime, il valore dell’export europeo oltreconfine ha superato i 1.600 miliardi di euro nel 2024, segnalando un legame economico ormai consolidato e cruciale per entrambe le parti.
L’effetto di questa scelta non si limiterà alle tariffe: è plausibile che inizino, fin da subito, negoziati intensi per scongiurare un ulteriore inasprimento delle condizioni.
Dazi in Europa: effetti sui settori chiave
La farmaceutica, che si è imposta come pilastro dell’economia in Europa, dovrà rivedere le proprie filiere per mantenere la competitività overseas nonostante i dazi. In parallelo, l’industria automotive avverte un rischio concreto di riduzione delle esportazioni, in particolare dopo aver spedito oltre 700.000 veicoli negli Stati Uniti nel 2024.
E lo scenario non è più clemente per il settore agroalimentare, che si trova davanti all’ipotesi di rincari sui prodotti di punta, dai formaggi italiani ai vini francesi. L’ecosistema del lusso e quello dei cosmetici potrebbero subire un rallentamento, dato che numerose aziende europee realizzano negli Stati Uniti una quota significativa del fatturato.
Paesi maggiormente esposti
La Germania, leader indiscusso nell’export di macchinari e veicoli, rischia di dover riconsiderare piani di produzione in loco vista l’esposizione notevole, stimata in un surplus di 84,8 miliardi di dollari.
Anche l’Irlanda vede il proprio primato nel settore farmaceutico minacciato dagli effetti di queste misure, con oltre 86 miliardi di dollari di surplus commerciale.
Parallelamente, Italia e Francia, apprezzate in tutto il mondo per le eccellenze enogastronomiche e i prodotti di pregio, si ritrovano a fronteggiare politiche che potrebbero penalizzare non solo le vendite ma anche l’intero indotto, con rischi di contrazione nei comparti alimentari e nel fashion di alta gamma.
Le imprese più dinamiche potrebbero valutare la costituzione di hub produttivi nel territorio statunitense, in modo da dribblare le nuove tariffe dovuti ai dazi e preservare la clientela d’oltreoceano.
Prospettive e strategie future
L’orizzonte appare complesso, ma non privo di vie d’uscita. Molti analisti ritengono che una soluzione equilibrata possa essere individuata attraverso negoziati intensi, da concludere prima che il rincaro per i dazi del 30% diventi effettivo.
Una mossa strategica e ricorrente sarà la delocalizzazione parziale, soprattutto negli Stati dove i costi produttivi risultano più vantaggiosi. Inoltre, i colossi finanziari suggeriscono di prestare particolare attenzione all’evoluzione di queste politiche commerciali, così da tutelare i portafogli e valorizzare le opportunità emergenti: l’obiettivo, infatti, non è solo mitigare i danni, ma anche cogliere nuovi spazi di crescita, in un mercato che resta, nonostante tutto, il più grande bacino d’importazione e d’investimento per le aziende europee.
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