Notiziario Notizie Italia Italia, Politico: snobbata dai tempi di Metternich. Continuerà a contare poco in Europa, a prescindere da esito elezioni

Italia, Politico: snobbata dai tempi di Metternich. Continuerà a contare poco in Europa, a prescindere da esito elezioni

5 Febbraio 2018 14:45

Niente da fare: a prescindere da quello che sarà l’esito delle elezioni politiche del prossimo 4 marzo, l’Italia continuerà a essere snobbata dal resto dell’Europa e, come è stato fino a oggi, la sua capacità di influenzare qualsiasi evento politico ed economico rimarrà la stessa, praticamente nulla. E’ quello che pensa e scrive Paul Taylor, in un’analisi pubblicata sul sito “Politico”. Ed è quello che, fa notare Taylor, dice d’altronde la stessa storia, almeno da quando il principe Klemens von Metternich, cancelliere di Stato austriaco, bollò l’Italia una “espressione geografica”. 

Era il 1847, e Metternich scrisse, in una lettera che venne inviata al conte Dietrichstein, la frase che tuttora offende la penisola:

“La parola Italia è una espressione geografica, una qualificazione che riguarda la lingua, ma che non ha il valore politico che gli sforzi degli ideologi rivoluzionari tendono ad imprimerle.”

Ovviamente, viene spiegato oggi, l’obiettivo dello statista austriaco era quello di assicurarsi che l’Italia rimanesse divisa e che l’Austria potesse continuare a fare il bello e il cattivo tempo nel paese.

E’ forse proprio da allora, sottolinea Taylor che l’Italia, che pure è uno dei membri fondanti dell’Unione europea, viene praticamente snobbata, nonostante sia la terza economia in Europa.

“I leader europei si ritrovano a mostrare interesse nei suoi confronti solo in previsione di un disastro. Ma anche in quel caso, l’attenzione dura poco tempo”, fino a quando almeno non si ripresenterà una nuova calamità da evitare”.

Il POLITOLOGO SPIEGA: ITALIA AMANTE OCCASIONALE NEI MOMENTI DI CRISI PARIGI-BERLINO

Marc Lazar, politologo a Sciences Po (Parigi) e alla Luiss di Roma, spiega il fenomeno facendo notare che “i francesi guardano all’Italia quando hanno un problema con la Germania, o quando l’Italia è alle prese con elezioni che potrebbero essere foriere di problemi”.

Ma la verità è che la “Francia e Germania sono una coppia stabile, che si regge su 55 anni di vita coniugale“. 

Certo,  “quando subentra la noia, l’idea di un’amante italiana capace di ravvivare un po’ la relazione franco-tedesca è allettante”.

Ma alla fine, per i politici tedeschi, l’Italia è più fonte di problemi che di opportunità, tanto che la preoccupazione numero uno di Berlino risiede nella consapevolezza che l’Italia è un paese sufficientemente grande, che potrebbe far crollare insieme a sé l’intera architettura dell’Eurozona, nel caso in cui dovesse perdere l’accesso ai mercati finanziari o assistere al fallimento di una grande banca. 

Proprio queste preoccupazioni – continua Taylor – sono state al centro della crisi dei debiti sovrani esplosa nel 2011. Fu allora, esattamente quando i tassi dei bond italiani toccarono la soglia pericolo, che Berlino, Parigi e la Banca centrale europea si fecero avanti, costringendo l’allora premier Silvio Berlusconi a dimettersi, e inaugurando l’era di Mario Monti.

Forse fu allora che l’Italia riuscì, in qualche modo, a far sentire la propria voce, in qualche modo: Monti esercitò d’altronde, secondo Politico, una certa influenza anche sulla Germania di Angela Merkel, nel momento in cui tentò di convincere la premier a sostenere alcuni piani per una Unione bancaria in Europa e, anche, un accesso più facile al fondo di bailout dell’Eurozona.

Ma quando la crisi dei debiti sovrani passò, Merkel & Company si dimenticarono di Monti, “e lo lasciarono in balia della macchina politica di Roma”, confermando una situazione che, secondo l’autore dell’articolo, potrebbe essere ben riassunta nella famosa frase: “I can’t get no respect” del comico americano Rodney Dangerfield.

ENRICO LETTA: MESSI IN UN ANGOLO

La verità è che Roma “non viene quasi mai chiamata a partecipare a incontri informali dell’Ue o della Nato, a eccezione di brevi periodi di tempo, in cui c’è bisogno del suo territorio – di per sé una portaerei inaffondabile -per operazioni nei Balcani o in Libia”.

Tutto questo, mentre Berlino continua a far riferimento alla debolezza delle banche italiane – alle prese con il problema dei crediti deteriorati e troppo esposte ai debiti del proprio paese – ogni qualvolta salta fuori il discorso sulla necessità di completare l’Unione bancaria con il tassello mancante dell’assicurazione comune sui depositi. 

Intervistato da Politico, l’ex premier Enrico Letta, successore di Monti, oggi numero uno del think tank Jacques Delor Institute, sottolinea che “durante la crisi finanziaria, per un lungo periodo di tempo l’Italia venne considerata il “monello” della classe dell’Eurozona, che rischiava di far crollare l’intero sistema e che allo stesso tempo era troppo grande da salvare, diversamente dalla Grecia.

Letta ricorda:

“Siamo stati messi in un angolo e non siamo riusciti a fare in modo che le nostre idee venissero ascoltate”.

Non che la situazione sia cambiata molto, da allora:

Taylor spiega:

“I funzionari politici tedeschi si presentano regolarmente con proposte volte a costringere l’Italia a tagliare la sua montagna di debiti (132,6% del Pil), o costringere le sue banche a ripulire i loro bilanci e a ridurre l’esposizione verso i bond governativi”.

Finora, l’Italia è riuscita a resistere, convinta che tali misure “si tradurrebbero esattamente nella perdita di fiducia e nello shock finanziario che dovrebbero invece prevenire“.

Ma ora “l’ultimo leader dell’Unione europea pronto a calpestare la sensibilità italiana è il ragazzo immagine del rinascimento europeo: il presidente francese Emmanuel Macron, che ha subito lanciato l’offensiva contro l’Italia, nazionalizzando temporaneamente i cantieri STX per impedire che finissero sotto il controllo italiano (di Fincantieri).

Nei primi giorni della sua presidenza Macron, fa notare l’articolo, ha anche escluso l’Italia da alcuni colloqui di pace che ha tenuto al fine di gestire la situazione in Libia; e alla polizia francese è stato ordinato di tenere gli immigrati lungo il confine italiano.

Tutto ciò deve essere valutato prendendo in considerazione che, nel frattempo, l’asse franco-tedesco è tornato a rafforzarsi, in un momento in cui “molti italiani hanno l’impressione che gli altri paesi dell’Unione europea li abbiano lasciati soli a gestire il problema dell’immigrazione, dopo essere stati costretti ad accettare misure di austerity durante la crisi dell’Eurozona, elemento che ha prolungato la stagnazione economica”.

La frustrazione del popolo italiano si è così tradotta, sottolinea Lazar, “in una grande trasformazione, che ha portato l’Italia, da paese un tempo più pro-Europa rispetto a tutti gli altri, a diventare euroscettico come la Francia“. 

Ora, è vero che ora che il voto del prossimo 4 marzo si avvicina, i leader europei si stanno di nuovo accorgendo dell’Italia: l’establishment europeo non fa niente infatti per nascondere il desiderio che in Italia si formi “una grande coalizione tra il centro destra e il centro sinistra, magari guidata dalla leadership dell’attuale premier Gentiloni”.

Ma è altrettanto vero che questi piani potrebbero saltare, a causa di un elettorato, quello italiano, piuttosto arrabbiato e frustrato.

Taylot sottolinea tra l’altro che “questa volta il risultato (del voto) potrebbe essere ancora più strano” della caduta dell’ex premier Matteo Renzi, a seguito del flop del referendum costituzionale del dicembre del 2016.

“Potrebbe affacciarsi un lungo periodo di paralisi politica. O, nello scenario peggiore, potrebbe insediarsi a Roma un governo euroscettico, che includa i populisti dell’estrema destra e contrari all’immigrazione”. 

In entrambi i casi – è questa la conclusione di Paul Taylor  – è improbabile che l’Italia abbia gran voce in capitolo nel progetto di rilanciare l’Unione europea, pianificato dai leader francesi e tedeschi”.