Sud Italia, pensioni oltre gli occupati: uno squilibrio che pesa sul futuro del Paese
Nel Mezzogiorno il numero delle pensioni supera quello dei lavoratori attivi, un divario che rischia di compromettere la stabilità economica dell’Italia.
Nel Sud e nelle Isole si è consolidato un sorpasso che dura da anni: le pensioni erogate superano il numero dei lavoratori attivi e lo squilibrio continua ad ampliarsi. Nel 2024 il Mezzogiorno ha registrato 7,3 milioni di pensioni contro appena 6,4 milioni di occupati, unico caso in Italia secondo l’analisi dell’Ufficio studi CGIA. La situazione più critica è in Puglia, che guida la classifica negativa con oltre 231 mila pensioni in più rispetto ai contribuenti.
Il quadro cambia radicalmente al Centro-Nord, dove tutte le principali regioni mostrano un saldo positivo: Lombardia, Veneto, Lazio ed Emilia-Romagna mantengono centinaia di migliaia di lavoratori attivi in più rispetto agli assegni erogati. Tuttavia, le proiezioni indicano un peggioramento generale nei prossimi anni.
Una frattura demografica ed economica che si allarga
Tra il 2025 e il 2029 oltre 3 milioni di italiani lasceranno il lavoro, con una “fuga” da fabbriche e uffici destinata a colpire soprattutto il Centro-Nord. Nel dettaglio provinciale, spiccano squilibri pesanti in territori come Lecce, Reggio Calabria, Cosenza, Taranto e Messina, dove il numero di pensioni supera largamente quello degli occupati. Molti assegni non derivano da pensioni contributive, ma da trattamenti assistenziali e di invalidità, un fattore che aggrava la pressione sul sistema.
Quattro fenomeni interconnessi alimentano il divario: denatalità, invecchiamento della popolazione, diffusione del lavoro irregolare e tassi di occupazione tra i più bassi d’Europa. Il risultato è una continua riduzione dei contribuenti attivi e, parallelamente, una crescita dei percettori di welfare.
Anche alcune province del Nord presentano un saldo negativo, come Genova, Savona, Ferrara e Biella. Su 107 province monitorate, solo 59 mostrano un rapporto favorevole agli occupati. Al tempo stesso aumentano età media e difficoltà di reperimento del personale: in Basilicata ci sono oltre 82 lavoratori over 55 ogni 100 under 35.
Se non si amplia la base occupazionale — contrastando il lavoro nero e promuovendo l’inserimento di giovani e donne — il rischio è un’erosione strutturale della base contributiva e un aumento costante della spesa previdenziale. Una dinamica che potrebbe minacciare la stabilità economica dell’Italia, accentuando le differenze tra aree del Paese e mettendo in difficoltà le pmi.
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