CGIL critica la nuova IRPEF: “Misura simbolica, non aiuta i più deboli”
Riduzione Irpef al 33%: risparmi minimi per la maggioranza, CGIL propone contributo di solidarietà sui redditi alti per finanziare welfare e investimenti.
Fonte immagine: Finanza.com
La recente riduzione aliquota IRPEF dal 35% al 33% sembra aver suscitato ampie discussioni, soprattutto per l’impatto limitato sui redditi bassi e medi. Stando alle ultime analisi, chi percepisce 30.000 euro all’anno finirebbe con un beneficio di appena 3,3 euro mensili, mentre per un reddito di 50.000 euro si salirebbe a circa 36,7 euro. Di fatto, oltre il 70% dei contribuenti con un reddito inferiore a 28.000 euro non otterrebbe alcun vantaggio.
In questa prospettiva, la CGIL ha espresso profonda insoddisfazione, considerandola quasi una misura “simbolica” che non porta sostegno tangibile alle fasce economiche più deboli. Nell’attuale contesto economico, è cruciale offrire interventi concreti per sostenere mercati del lavoro fragili e cittadini alle prese con aumenti dei prezzi e tagli ai servizi essenziali.
Un sistema impositivo che genera squilibri
La disparità della tassazione è un tema ricorrente nei rapporti ufficiali e nelle discussioni pubbliche. A parità di reddito, infatti, i lavoratori dipendenti versano un’imposta più alta rispetto agli autonomi in regime agevolato. Nessuna sorpresa quindi che i pensionati risultino spesso penalizzati, arrivando a pagare cifre più elevate pur avendo poteri di acquisto spesso ridotti.
Il fenomeno si accentua ulteriormente se guardiamo alle rendite finanziarie, tassate in maniera ancora differente rispetto alle forme di guadagno derivanti dall’attività lavorativa. Questa complessità non fa che aumentare la percezione di iniquità, creando un divario persistente tra diverse tipologie di contribuenti e rendendo urgente una revisione complessiva delle norme fiscali.
L’incidenza del fiscal drag e l’inflazione
L’elemento del fiscal drag si affianca per aggravare una situazione già intricata. Quando gli stipendi crescono in termini nominali, ma l’inflazione assorbe quasi l’intero aumento, i contribuenti rischiano di salire di scaglione impositivo senza godere di un reale potere d’acquisto aggiuntivo.
Questo meccanismo è stato messo in evidenza dalla stessa CGIL, che sottolinea come l’inflazione superiore al 16% nel triennio 2022-2024 abbia influito su molti redditi, specialmente su stipendi e pensioni più modesti, generando un drenaggio fiscale di cui si parla con crescente preoccupazione. La situazione comporta una diminuzione tangibile del reddito disponibile e una minore capacità di spesa, con effetti negativi sia sui consumi sia sulla stabilità economica delle famiglie.
La proposta del contributo di solidarietà
Tra gli interventi suggeriti per riequilibrare il sistema, spicca l’idea di un contributo di solidarietà pari all’1,3% sui patrimoni che superano i due milioni di euro. Secondo i calcoli più recenti, ciò genererebbe circa 26 miliardi di euro annui, da destinare alla sanità, all’istruzione e al welfare in generale.
Sebbene resti acceso il dibattito sulla reale efficacia di questa misura, la sua introduzione mira a rendere il sistema fiscale più equo, compensando almeno in parte le distorsioni legate alle diverse forme di reddito. In definitiva, appare sempre più urgente aprire un confronto costruttivo sui meccanismi di redistribuzione della ricchezza, poiché solo con interventi strutturali si può sperare di rendere il sistema economico più solido e giusto per tutti.
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