Finanza Personale UE: l’Italia investe poco nella ricerca, fondi ancora insufficienti

UE: l’Italia investe poco nella ricerca, fondi ancora insufficienti

L’Italia investe poco in Ricerca e Sviluppo e continua a restare indietro rispetto all’Europa che rimane in testa.

28 Settembre 2025 12:30

In questi ultimi anni si è acceso il dibattito sulla crescita della ricerca e sviluppo in Italia, soprattutto in termini di spesa in R S. Se da un lato si registrano investimenti che sfiorano i 30 miliardi di euro, dall’altro il nostro Paese segna ancora un significativo divario rispetto alla media europea.

La quota dedicata alla ricerca, infatti, non supera l’1,37% del PIL, lasciando l’Italia assai distante dai Paesi più virtuosi come Germania e Svezia. Un segnale incoraggiante, però, è la vitalità di alcuni settori industriali, capaci di mostrare un potenziale di crescita che potrebbe spingere l’economia nazionale verso nuovi traguardi.

Ricerca: geografie degli investimenti in Italia

La distribuzione delle risorse rispecchia i tradizionali squilibri del Paese. Il Nord, con la Lombardia in testa, assorbe la maggior parte dei finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo seguita dal Centro, dove spicca il Lazio grazie alla concentrazione di enti pubblici e università.

Il Mezzogiorno, pur registrando progressi in regioni come Puglia, Campania e Sicilia, continua a inseguire: questa situazione evidenzia la necessità di una strategia che indirizzi in modo più sistematico le risorse verso le aree meno sviluppate. In questo contesto, diventa fondamentale intercettare le opportunità offerte dalla prossima programmazione europea e promuovere una più equa ripartizione dei fondi.

Protagonisti e sfide del settore privato

Le imprese grandi e le multinazionali restano il motore principale degli investimenti in Italia. Al tempo stesso, si osserva un calo preoccupante nelle realtà di dimensioni più contenute, segno che le PMI faticano a tenere il passo.

Tuttavia, questo scenario di luci e ombre potrebbe essere ribaltato grazie all’attenzione crescente verso l’innovazione e alla presenza di fondi aggiuntivi dedicati alla ricerca e sviluppo come il PNRR. Resta cruciale, però, trasformare queste risorse in progetti concreti, affinché anche le imprese più piccole possano concorrere alla competitività del sistema Paese.

Le prospettive per il prossimo biennio paiono incoraggianti: l’impegno finanziario e le iniziative promosse a livello nazionale ed europeo potrebbero innescare un ulteriore salto di qualità. Eppure, se l’Italia intende colmare il ritardo delle risorse investite per ricerca e sviluppo rispetto ai partner europei, sarà necessario sostenere i centri di eccellenza e le nuove generazioni di ricercatori, puntando su percorsi formativi all’avanguardia e su infrastrutture all’altezza dei mercati internazionali.

L’adozione di soluzioni ad alto contenuto tecnologico e la diffusione capillare del know-how saranno leve decisive per rafforzare la competitività, promuovere l’integrazione fra imprese di diverse dimensioni e generare uno sviluppo più equilibrato, a beneficio dell’intero territorio nazionale.

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