Tasse su azioni estere: ecco dove si pagano le plusvalenze
Approfondimento su tassazione plusvalenze estere per persone fisiche e società residenti in Italia. Focus su aliquote, esenzioni e convenzioni OCSE.
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Il panorama delle plusvalenze estere riserva sempre nuove sfide per chi opera sui mercati internazionali. Non è un segreto che, in questi ultimi anni, il fisco italiano abbia affinato controlli e requisiti per la corretta dichiarazione degli utili generati oltreconfine.
Le regole non sono mai statiche, e si intrecciano con le pratiche amministrative di ciascun Paese coinvolto. Proprio per questo, una conoscenza approfondita dei criteri applicati alle transazioni internazionali e una gestione oculata della documentazione possono prevenire spiacevoli contestazioni, soprattutto quando si parla di percorsi di investimento e di disinvestimento in società collocate all’estero.
Plusvalenze estere: regime domestico e imposta sostitutiva
L’aspetto più dibattuto di recente riguarda la tassazione in capo ai cittadini residenti in Italia, chiamati a versare un’imposta sostitutiva del 26% sulle plusvalenze. Peraltro, diventa rilevante il corretto inserimento delle informazioni nel quadro RT della dichiarazione dei redditi, che permette di dedurre eventuali minusvalenze.
Sul fronte delle imprese, invece, permane il vantaggio di ottenere una riduzione impositiva considerevole, grazie all’esenzione del 95% sugli utili da cessione di partecipazioni. Tuttavia, questo beneficio viene meno quando la cessione riguarda paradisi fiscali, poiché la plusvalenza subisce un prelievo integrale.
L’aspetto strategico, dunque, consiste nell’evitare strutture societarie opache che possano ricondurre l’operazione ad aree fiscali privilegiate.
Il ruolo delle Convenzioni e le società immobiliari
Di grande impatto, poi, sono le convenzioni doppie, in particolare quelle ispirate al Modello OCSE, che solitamente assegnano il potere impositivo al Paese di residenza del soggetto cedente. Non mancano eccezioni degne di nota, come nel caso dell’accordo Italia-Australia, dove a prevalere è la giurisdizione della società partecipata.
Altro capitolo delicato riguarda le società immobiliari estere: secondo le evoluzioni più recenti della normativa internazionale, se oltre il 50% del valore deriva da investimenti in immobili, la tassazione compete al Paese in cui gli immobili stessi sono ubicati. Tuttavia, occorre verificare se la convenzione bilaterale applicabile abbia effettivamente integrato questa disposizione.
Nella realtà attuale, la complessità delle procedure fiscali sulle plusvalenze è in continuo aumento e le disposizioni si stratificano tra leggi nazionali e accordi internazionali. Ogni singola operazione, dalla fase di acquisizione fino alla cessione, merita un’analisi puntuale, coinvolgendo professionisti che possano valutare l’impatto della normativa interna, congiuntamente ai vincoli stabiliti dalle convenzioni.
In conclusione, conoscere le regole fiscali e monitorare le evoluzioni in materia di plusvalenze è fondamentale per ridurre rischi e massimizzare la trasparenza. Essere in linea con le disposizioni vigenti, infatti, consente di cogliere gli eventuali benefici offerti dalla legislazione e di evitare situazioni di incertezza che, a lungo termine, potrebbero tradursi in significativi oneri economici.
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