Fisco Arte, IVA agevolata rilancia il mercato

Arte, IVA agevolata rilancia il mercato

La riduzione dell’IVA sulle opere d’arte rende il mercato italiano più competitivo, ma con criticità su normative e trasparenza da risolvere.

15 Luglio 2025 17:00

Gli appassionati d’arte in Italia possono finalmente respirare aria di novità, grazie a un provvedimento che incide in modo deciso sul mercato dell’arte. Il recente taglio dell’IVA dal 22% al 5% sulle compravendite di opere d’arte, beni da collezione e antiquariato rappresenta un impulso positivo per un settore che aspira da tempo a rafforzare il proprio ruolo in ambito internazionale.

Oltre a favorire un dialogo più fluido con paesi come Francia e Germania, questa manovra punta a dare maggiore slancio alle transazioni, creando un clima di fiducia tanto per gli operatori specializzati quanto per i collezionisti in cerca di opportunità interessanti.

È un segnale che, pur non rivoluzionando completamente il sistema, apre la strada a sperimentazioni e prospettive di crescita più solide.

Arte e IVA agevolata: una svolta attesa e il nodo dell’aliquota

L’abbassamento dell’imposta al 5% appare come un invito a intensificare scambi e collaborazioni, ma va notata la permanenza del regime del margine. Questa formula, non toccata dalla riforma, impone ancora il 22% sulla sola differenza tra prezzo di vendita e acquisto, introducendo complessità che molti operatori speravano di veder superate.

Nel panorama europeo, tuttavia, il nuovo scenario italiano permette di riallinearsi almeno in parte a modelli più favorevoli: si tratta di un passo in avanti importante, in grado di attrarre operatori internazionali e, probabilmente, di posizionare il settore dell’arte in modo più efficiente.

Va tuttavia ribadito che la vicinanza alle aliquote francesi e tedesche non elimina le residue criticità fiscali e amministrative che spesso frenano lo sviluppo.

Ostacoli normativi e l’arte antica

Il tema dell’arte e dei beni di pregio resta delicato, poiché legato a limiti stringenti sulle esportazioni. La soglia di 13.500 euro entro la quale si può esportare senza l’autorizzazione della sovrintendenza risulta ormai anacronistica se confrontata con altri paesi europei, che tollerano valori massimo di molto superiori.

Inoltre, il meccanismo delle notifiche per i beni d’arte di interesse pubblico può bloccare la vendita senza un obbligo di acquisto da parte dello Stato, creando incertezze e rallentando le transazioni. A fronte di questa complessità, il taglio dell’imposta è una boccata d’ossigeno più simbolica che risolutiva, specie per chi opera regolarmente nel commercio di opere di altissimo valore storico.

Verso una crescita di lungo periodo

Nonostante i limiti ancora in essere, la riduzione dell’IVA rinvigorisce la competitività del sistema italiano dell’arte, favorendo uno sguardo più ottimistico verso il futuro. Se ulteriori riforme fossero messe in campo per semplificare gli interventi e aumentare la soglia per l’esportazione, il nostro mercato artistico potrebbe davvero accogliere nuove energie e investimenti.

In un contesto globale sempre più dinamico, è fondamentale colmare il divario con i principali mercati europei affinché le gallerie e gli antiquari locali possano prosperare anche a livello internazionale. Questo nuovo scenario, pur non essendo la soluzione definitiva, rappresenta un punto di partenza incoraggiante per un settore che ha ancora tanto da offrire.

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