L’euro in bilico: cosa succede se Lagarde lascia?
Christine Lagarde, BCE e il futuro dell'euro: leadership incerta, sfide globali e il rischio di perdere credibilità sui mercati.
Non è la prima volta che il destino dell’euro finisce sotto i riflettori internazionali, ma oggi il dibattito sembra assumere toni particolarmente accesi, tra incertezze politiche e un panorama economico in continua evoluzione.
Il recente vociferare attorno a un possibile abbandono anticipato di Lagarde dalla guida della BCE – complice la suggestiva ipotesi di un suo trasloco al World Economic Forum di Davos – ha acceso i fari su una moneta unica che, nonostante i suoi ventisei anni di storia, pare ancora in cerca di una propria identità definitiva. Eppure, la presidente non aveva mancato di sottolineare, con piglio deciso, come l’euro potesse rappresentare una valida alternativa al dollaro. Ma la realtà, come spesso accade, è più sfaccettata.
I passi fatti dal “Whatever it takes” di Draghi
Se ci voltiamo indietro, la moneta europea ha attraversato, con passo a volte incerto, un vero e proprio campo minato: dalla tempesta dei debiti sovrani del 2012, superata grazie alla storica promessa di Draghi – il celebre “whatever it takes” – fino alle ferite ancora aperte lasciate dalla pandemia, arginate con il mastodontico piano Next Generation EU. Non meno impattanti, poi, gli scossoni derivanti dal conflitto russo-ucraino e dalle politiche commerciali a stelle e strisce, che hanno trascinato il cambio euro-dollaro ai minimi storici nel 2022. Eppure, nonostante qualche scricchiolio proveniente da Washington, la moneta europea sembra ancora lontana dal poter spodestare il dollaro dal trono di valuta di riserva globale.
Le emissioni di debito comune legate al Next Generation EU sono, di fatto, un’eccezione più che la regola, una toppa messa all’emergenza pandemica piuttosto che un cambio di paradigma strutturale. Così, la BCE resta l’unico vero motore sovranazionale della moneta unica, l’unica istituzione capace di dettare la linea. Ecco perché le indiscrezioni su un possibile addio di Lagarde preoccupano tanto i mercati: il rischio, concreto, è che la mancanza di una leadership stabile possa compromettere la già fragile credibilità dell’euro agli occhi degli investitori internazionali.
Euro in bilico: i veri problemi
Non è un caso, allora, che proprio in un momento cruciale per il consolidamento della fiducia internazionale, ogni scossone al vertice della BCE venga vissuto come un campanello d’allarme. Se da un lato gli spread ai minimi dal 2010 potrebbero essere letti come un segnale di solidità, dall’altro la volatilità politica rischia di annullare ogni progresso. In altre parole, la stabilità dell’euro si gioca, oggi più che mai, sulla capacità dell’Europa di dotarsi di una governance credibile e di lungo respiro.
E qui emerge il vero nodo gordiano: la mancanza di una classe dirigente europea dotata di visione strategica. L’Europa sembra talvolta vittima di un auto-sabotaggio involontario, incapace di mettere da parte gli egoismi nazionali in nome di un interesse superiore. È questo il tallone d’Achille che, se non affrontato con coraggio, rischia di compromettere seriamente le ambizioni dell’euro di affiancare il dollaro come valuta di riferimento globale.
Nel frattempo, la partita resta aperta. L’euro dovrà dimostrare di saper superare le proprie fragilità strutturali, rafforzando la propria governance e costruendo una vera identità geopolitica. Solo così potrà ambire, un giorno, a parlare davvero alla pari con il dollaro. Ma il tempo stringe, e la storia insegna che le occasioni, quando passano, non sempre tornano.
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