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Corte d’appello USA ripristina i dazi di Trump

Dazi di Trump dichiarati illegali: tensioni globali, impatti su automotive e mercati. La battaglia legale prosegue.

30 Maggio 2025 11:30

Quando si parla di dazi Trump, la sensazione è quella di trovarsi davanti a un terreno minato che scuote le fondamenta del commercio globale. La vicenda ha assunto toni da thriller giudiziario con la recente decisione della Us Court of International Trade, che ha scatenato una vera e propria bufera tra ricorsi, sentenze sospese e mercati in fibrillazione. In questo scenario, dove ogni mossa rischia di far saltare l’equilibrio già precario delle relazioni economiche internazionali, le ripercussioni si fanno sentire a cascata, investendo non solo le grandi economie ma anche i portafogli dei consumatori e la solidità di interi settori produttivi.

La Corte americana, in una sentenza destinata a lasciare il segno, ha dichiarato che i dazi imposti dall’amministrazione Trump non trovano fondamento nell’International Emergency Economic Powers Act del 1977. In altre parole, secondo i giudici, la Casa Bianca avrebbe tirato troppo la corda, forzando uno strumento normativo che non era pensato per sostenere una politica commerciale così aggressiva. La partita, però, è tutt’altro che chiusa: la Corte d’Appello ha congelato la decisione, lasciando aperta la porta a un’escalation legale che potrebbe trascinarsi fino alla Corte Suprema, con tutto il carico di incertezza che ne deriva per gli operatori economici e gli investitori internazionali.

L’effetto domino dei dazi

Il settore automotive si trova nel bel mezzo della tempesta. I grandi nomi dell’industria automobilistica, da Stellantis a General Motors, passando per Ford, hanno alzato la voce: il timore è che le tariffe del 25% su Canada e Messico possano tradursi in un aumento del prezzo medio delle auto di diverse migliaia di dollari. Un colpo durissimo per la competitività del comparto nordamericano, già messo a dura prova dalla volatilità dei mercati e dalle nuove sfide tecnologiche. Gli analisti, con il consueto pragmatismo, sottolineano che il rischio è quello di vedere evaporare quote di mercato a vantaggio dei concorrenti asiatici ed europei, con effetti a catena sull’occupazione e sugli investimenti in ricerca e sviluppo.

Intanto, sulle piazze finanziarie, il clima è da montagne russe. La notizia della sospensione temporanea dei dazi ha innescato un immediato balzo dei futures sull’Eurostoxx50 e un rimbalzo del dollaro, ma la cautela resta la parola d’ordine tra gli investitori. In un contesto in cui le relazioni commerciali internazionali sono sempre più fragili, ogni segnale di instabilità viene amplificato, con il rischio di innescare reazioni a catena difficili da controllare. È il classico effetto domino: basta una scintilla oltreoceano per vedere onde d’urto che si propagano fino ai mercati europei e asiatici.

La reazione di Cina ed Europa

Sul fronte diplomatico, la Cina non ha perso tempo e ha chiesto la rimozione di tutte le misure unilaterali, mettendo in evidenza il deterioramento dei rapporti bilaterali causato dalle tariffe su prodotti sensibili come il fentanyl e da altre restrizioni. L’Unione Europea, dal canto suo, osserva con attenzione lo sviluppo della vicenda, consapevole che la posta in gioco va ben oltre il semplice scambio di merci: in ballo c’è il ruolo stesso dell’Europa come protagonista del commercio globale e la sua capacità di negoziare da una posizione di forza.

L’amministrazione Trump, fedele alla sua linea, continua a vedere nei dazi uno strumento imprescindibile per il risanamento dei conti pubblici. Le stime parlano di potenziali entrate fino a 3.300 miliardi di dollari in dieci anni, una cifra che farebbe gola a qualsiasi governo alle prese con deficit e debito crescente. Ma la realtà è più complessa di quanto possa sembrare: il rischio di ritorsioni, la perdita di competitività e la frammentazione delle catene del valore globale sono variabili che potrebbero vanificare ogni beneficio di breve periodo.

Per aggirare gli ostacoli posti dal Congresso e dalle corti, la Casa Bianca sta valutando un ricorso più ampio alla Section 232 Trade Act, uno strumento che consente di imporre tariffe per motivi di sicurezza nazionale. Una mossa che, se attuata, potrebbe aprire nuovi fronti di scontro non solo con i partner storici degli Stati Uniti, ma anche con l’Organizzazione Mondiale del Commercio, chiamata ancora una volta a mediare in un contesto di crescente tensione protezionistica.

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