Tim: i francesi di Vivendi studiano soluzione alternativa a proposta KKR. Contatti con Cdp con apertura verso spin off rete e controllo Stato
Vivendi, attualmente primo azionista di TIM con una quota del 24%, apre alla possibilità di cedere il controllo del gruppo allo Stato italiano, per sfornare un’alternativa alla manifestazione di interesse che è stata lanciata alla fine di novembre dal fondo di private equity americano KKR. E’ quanto ha detto, in un’intervista rilasciata a La Repubblica, il portavoce del colosso media francese controllato dal magnate bretone Vincent Bollorè.
Confermate così le indiscrezioni dei giorni precedenti, in cui si parlava di contatti tra i francesi di Vivendi e il secondo azionista di TIM, Cassa depositi e prestiti, volti a individuare un strategia per valorizzare nel modo migliore Telecom Italia.
CdP è il secondo azionista di Tim con una quota del 9,8%. Anche il quotidiano Messaggero ha sottolineato ieri in un articolo che i vertici di CdP e di Vivendi si sono incontrati di recente e dovrebbero incontrarsi di nuovo presto, al fine di sviluppare una strategia comune che offra al gruppo un’alternativa alla proposta del fondo americano che, si ricorda, è pari a 0,505 euro per azione ordinaria o risparmio.
Così il portavoce di Vivendi:
“L’ipotesi del controllo della rete da parte dello Stato, se fosse propedeutico a un progetto strategico a guida istituzionale verrà certamente valutato con apertura. Vivendi è interessata a tutte le soluzioni che promuovano l’efficienza e la modernità infrastrutturale della rete, preservando al contempo il valore del suo investimento”.
Ancora Vivendi:
“La priorità di tutti gli stakeholders di TIMè tornare a rivedere la società al centro delle strategie di sviluppo ed innovazione e protagonista, con le proprie migliori risorse, sul mercato delle telecomunicazioni”.
In questo senso il gruppo francese non ostacolerebbe la creazione di una rete unica, che nascerebbe dalla fusione tra TIM e Open Fiber, società concorrente controllata al 60% da Cdp.
“Bisogna coniugare la necessaria innovazione tecnologica del Paese con il rilancio di uno dei più rilevanti gruppi italiani”.
Tim: banche d’affari in fila per valutare opzioni KKR & Co.
La possibilità di un’alternativa alla prospettiva di un Opa lanciata dal fondo americano fa gola al mondo dell’alta finanza, come ha confermato un articolo di La Repubblica, parlando di “guerra tra banche a caccia dell’ultima commissione per il rilancio di Telecom Italia”.
Così il quotidiano:
“Di certo per ora c’è che il dossier Tim è sui tavoli di tutte le banche d’affari mondiali, anche di quelle come la Nomura di Marco Patuano che assiste il fondo Cvc – che studiano da mesi la situazione. Ieri il nuovo comitato strategie presieduto da Salvatore Rossi avrebbe ricevuto la manifestazione d’interesse di 18 advisor, pronti a offrire finanziamenti e idee su come valorizzare gli asset del gruppo”.
Nel fine settimane sono arrivati anche gli ultimi rumor di Reuters, secondo cui “Telecom Italia sarebbe vicina a scegliere le banche in qualità di advisor riguardo all’offerta di buyout che ha ricevuto dal gruppo KKK”, con la commissione speciale formata per studiare la manifestazione di interesse del fondo che si sarebbe riunita venerdì scorso per studiare il dossier.
Favorite nel ruolo di advisor sarebbero Bank of America, Barclays e Intesa SanPaolo, quest’ultima con la sua divisione IMI CIB.
Negli ultimi giorni le novità in Tim non sono mancate: l’ultima è l’addio dell’amministratore delegato Luigi Gubitosi, la cui testa i francesi di Vivendi comunque avevano chiesto da un bel po’, anche prima della proposta del fondo americano.
A questo punto bisogna vedere fino a che punto il governo italiano voglia intervenire per blindare gli asset strategici di Telecom Italia, che sono diversi, in primis la rete.
Finora il governo Draghi non si è messo di traverso brandendo l’arma del golden power; anzi, si è mostrato possibilista nei confronti di KKR, pur ponendo tre precisi paletti, che sono stati illustrati giorni fa dallo stesso presidente del Consiglio Mario Draghi.
Tim: sindacati paventano nuovo caso Alitalia
Ma Draghi deve fare i conti con le riserve che sono state manifestate nei confronti di una ipotetica operazione con il fondo Usa sia dal mondo politico che dai sindacati. Sarà anche per questo che il ministro per lo Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, venerdì scorso, ha chiarito che al momento “non c’è titolo ad assumere formali iniziative” di Golden power. Tuttavia, nel caso in cui “Kkr o chiunque altro dovesse formalizzare il lancio di un’Opa si attiverà la procedura”.
In una interrogazione urgente su Tim alla Camera, Giorgetti ha ricordato che “è opportuno evidenziare che ci si trova davanti a un processo nelle sue fasi iniziali che non ha dato luogo a un’Opa su Tim”.
Un nuovo alert venerdì scorso è arrivato dai sindacati, che hanno paventato un nuovo caso Alitalia con migliaia di esuberi:
“Non riteniamo sia esagerato paventare un finale molto simile a quello che ha coinvolto Alitalia – lo hanno scritto in una lettera congiunta inviata al ministro della Transizione digitale, Vittorio Colao, e al ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti e alla sottosegretaria Anna Ascani, le segreterie nazionali Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil dopo l’incontro con il governo al Mise – Un gruppo che occupa oltre 40mila addetti, in una operazione di spezzatino, inevitabilmente andrebbe a causare migliaia di esuberi che il Paese non può permettersi, e che noi con forza intendiamo scongiurare”.
I sindacati hanno chiarito che “la nostra posizione non è contraria a logiche di mercato che favoriscano una concorrenza leale sulla qualità dei servizi erogati alla cittadinanza”, ricordando tuttavia che “qualunque scelta va fatta scongiurando drammi occupazionali, e la definitiva uscita dello stato da un settore strategico sia sul piano nazionale che su quello continentale, tutto questo nell’interesse primario dello sviluppo tecnologico e sociale del nostro paese”.
Secondo i sindacati “la sfida tecnologica fra Stati Uniti e Cina vede come unica speranza di resistenza per l’Europa una stagione di aggregazioni continentali a partire dai vari campioni nazionali. Se l’Italia vuole giocare un ruolo in questa partita importantissima deve avere un proprio campione, una azienda paese a controllo pubblico che possa giocare la propria partita. Altrimenti questo Governo condannerà il Paese ad un ruolo di mero mercato sullo scacchiere europeo ed internazionale, aperto a qualsiasi acquisizione e senza alcuna prospettiva industriale”.
Tim: titolo giù, la nota di Equita. Vivendi ok a rete unica con Open Fiber?
Il titolo TIM oggi sconta il quadro di incertezza perdendo sul Ftse Mib di Piazza Affari più del 2% del suo valore.
Così gli analisti di Equita SIM riassumono le novità delle ultime ore:
“In un’intervista a Repubblica, Vivendi ha fatto sapere di essere pronta a valutare con apertura un progetto che veda il passaggio del controllo della rete allo Stato, se propedeutico a un progetto strategico a guida istituzionale e preservando il valore del proprio investimento. La posizione di Vivendi, che secondo Repubblica si sarebbe incontrata recentemente con i vertici di Cdp, lascerebbe intendere a nostro avviso che Vivendi sarebbe favorevole a che TIM proceda verso un progetto di spin-off della rete fissa e di aggregazione della rete con OF (Open Fiber)”.
Tuttavia, “non è chiaro – si legge ancora nella nota di Equita – se questo progetto sarebbe allineato o alternativo all’offerta di KKR, ossia se mira a realizzare autonomamente in TIM il progetto di spin-off della rete che è anche alla base dell’offerta di KKR. Il Messaggero e il Fatto Quotidiano suggeriscono che Vivendi e CDP sarebbero intenzionati a sostenere un progetto autonomo dalla proposta di KKR, con il supporto del governo. Le dichiarazioni di Vivendi aumentano l’incertezza sull’operazione di KKR (che deve essere ancora approvata dal CdA e che potrebbe non procedere se il CdA supportasse un progetto di spin-off della rete in autonomia e che avrebbe difficoltà a raccogliere il 51% nel caso in cui Vivendi e CDP non fossero intenzionate a consegnare i titoli)”.
Parentesi odierna a parte, nella nota di Equita si legge che “il supporto allo spin-off della rete da parte di Vivendi e il ruolo di perno dell’operazione che pare avere CDP a nostro avviso però sostengono il titolo, in quanto vanno nella direzione della rete unica (che mette in sicurezza il valore dell’asset rete di TIM) e di un rerating del multiplo su questa parte di business”.
Sempre Equita nella sua nota giornaliera ricorda che, “come atteso, si è concretizzata venerdì scorso l’operazione di cessione (da parte di Enel) di Open Fiber a Cdp/Macquarie. La vendita si è conclusa per un corrispettivo di €2,73 miliardi di cui €2,2 miliardi per il 40% di Open fiber ceduto a CdP e €0,53 miliardi per il 10% di Open Fiber ceduto a Macquarie. Enel incasserà una plusvalenza di circa €1,8 miliardi dall’operazione (noto) con un beneficio complessivo sulla PFN di Enel stimato in circa €2,4 miliardi”.