News Finanza Indici e quotazioni Wall Street non regge trauma inflazione, indici in calo fin oltre l’1%. Tassi Treasuries verso il 3,9%

Wall Street non regge trauma inflazione, indici in calo fin oltre l’1%. Tassi Treasuries verso il 3,9%

16 Febbraio 2023 16:00

L’economia Usa marcia a ritmo spedito, e a ritmo spedito continua a marciare anche l’inflazione Usa.

Niente da fare: oggi gli investitori sembrano arrendersi all’evidenza di uno scenario che costringerà la Fed di Jerome Powell ad alzare i tassi più di quanto anticipato.

Alle 15.50 circa ora italiana, il Dow Jones scende di oltre 330 punti (-0,99%), a 33.791; lo S&P 500 arretra dell’1,12% a 4.101 e il Nasdaq Composite scivola dell’1,13% a quota 11.934.

Sul mercato del reddito fisso, i tassi dei Treasuries Usa a 10 anni volano al 3,867%, non distanti dunque dalla soglia del 3,9%, mentre i tassi dei Treasuries a due anni avanzano al 4,657%.

Reso noto oggi prima dell’inizio della giornata di contrattazioni l’indice PPI, altro parametro cruciale del trend dell’inflazione. Il dato – indice PPI – è salito nel mese del 6% su base annua, in rallentamento rispetto al +6,2% di dicembre, ma decisamente oltre le stime di un incremento del 5,4%.

Su base mensile, il rialzo dell’inflazione misurata dall’indice è stato dello 0,7%, rispetto al +0,4% atteso e in decisa accelerazione rispetto alla flessione dello 0,4% precedente. Escluse le componenti dei prezzi dei beni energetici e alimentari, il dato core ha segnato inoltre un rialzo del 5,4%, inferiore al +5,5% di dicembre, ma anche in questo caso ben oltre il +4,9% atteso. Idem su base mensile: il PPI core ha riportato un aumento dello 0,5%, oltre il +0,3% previsto e contro il +0,1% atteso.

E’ l’ennesimo dato macro che indica che l’inflazione Usa non sta scendendo come sperato, non solo dai mercati, ma dalla stessa Banca centrale americana. D’altronde, i fondamentali dell’economia Usa sono più che solidi, come ha dimostrato ieri il dato relativo alle vendite al dettaglio, anch’esse di gennaio.

Il dato è balzato del 3%, riportando il trend più forte dal marzo del 2021.

Escluse le vendite di auto, l’indicatore è salito del 2,3%. Escluse le vendite di auto e di benzina, il rialzo è stato pari a +2,6%. Il balzo delle vendite al dettaglio pari a +3% è stato quasi doppio rispetto alla crescita dell’1,8% stimata dagli analisti e ha confermato una forte ripresa delle spese per consumi, visto che a dicembre la performance era stata di una flessione pari a -1,1%.

Anche escludendo le vendite di auto, il dato ha stracciato le stime, con un rialzo del 2,3% decisamente superiore al +0,8% previsto e dopo il -1,1%, anche in questo caso, di dicembre.

Sorprendenti anche le vendite al dettaglio depurate dalle vendite di auto e benzina, salite per l’appunto del 2,6%, rispetto al calo dello 0,7% precedente.

Per l’ennesima volta nell’arco di pochi giorni, la Federal Reserve di Jerome Powell sarà rimasta sorpresa dalla resilienza dell’economia Usa: altro che soft landing e tanto meno hard landing.

Nel finale, ieri Wall Street è riuscita a chiudere in territorio positivo: il Dow Jones Industrial Average è salito di 39 punti (+0,11%), balzando di oltre 250 punti dal minimo intraday. Lo S&P 500 ha segnato un progresso dello 0,25%, mentre il Nasdaq Composite è salito dello 0,92%, sulla scia del balzo di Airbnb di oltre il 13% a seguito della pubblicazione di una trimestrale migliore delle attese.

Ma oggi il sentiment peggiora in modo visibile, almeno in questi primi minuti di inizio di seduta.

“Entrambi i dati sull’inflazione, questa settimana, hanno dimostrato come l’inflazione rimanga ostinata e come la battaglia (della Fed) non sia finita, specialmente se guardiamo all’indice dei prezzi alla produzione diffuso oggi, che ha segnato il rialzo più forte su base mensile dall’inizio dell’estate – ha fatto notare Mike Loewengart, responsabile della costruzione di portafoglio di Morgan Stanley – Non dovrebbe sorprendere vedere il mercato fare una pausa, visto che le speranze di una Fed dovish nei prossimi mesi si stanno smorzando. Il punto è che gli investitori dovrebbero ammettere che l’inflazione probabilmente non tornerà alla normalità al ritmo sperato, e questo fattore potrebbe comportare una ulteriore volatilità”.

Qualche giorno fa è stato diffuso l’altro dato relativo all’inflazione Usa, l’indice CPI, che è è certo rallentato, tra l’altro per il settimo mese consecutivo, ma in misura inferiore alle attese.

Nel mese di gennaio, l’inflazione Usa misurata dall’indice CPI è salita infatti al ritmo del 6,4% su base annua, oltre il +6,2% atteso dal consensus degli economisti, in rallentamento rispetto al precedente incremento del 6,5%.

Su base mensile, il dato ha segnato un rialzo dello 0,5%, superiore al +0,4% atteso, e in crescita rispetto al precedente aumento dello 0,1%.

L’inflazione core, ovvero l’indice CPI depurato dalle componenti più volatili rappresentate dai prezzi energetici e dei beni alimentari, è salita su base annua del 5,6%, rallentando il passo rispetto al +5,7% di dicembre, ma non come atteso dagli analisti, che avevano stimato un dietrofront della crescita al ritmo del 5,5%.

Tra i titoli occhio a Cisco, dopo che il colosso americano di infrastrutture Internet ha annunciato una trimestrale migliore delle attese, rivedendo al rialzo anche i target per l’intero anno. Il titolo Cisco balza di oltre il 6%, eccezione positiva in un contesto di forti sell.