Lavoro Busta paga Ex Ilva, 4.550 lavoratori in cassa integrazione

Ex Ilva, 4.550 lavoratori in cassa integrazione

Acciaierie d’Italia aumenta i lavoratori in cassa integrazione a Taranto, tra problemi tecnici e trattative per la cessione dell’ex Ilva.

18 Settembre 2025 12:00

Acciaierie d’Italia vive un momento di profonda incertezza, segnato dall’aumento della cassa integrazione e dalle crescenti tensioni sui futuri assetti produttivi. L’ex Ilva di Taranto, con la sua storia e il ruolo di fulcro nell’industria siderurgica nazionale, appare il centro nevralgico di una crisi che non lascia presagire soluzioni rapide.

I lavoratori temono un ulteriore peggioramento delle condizioni, mentre le difficoltà economiche e le prospettive di ristrutturazione pesano come un macigno. Il contesto appare complicato anche da ripetuti passaggi istituzionali e dall’incertezza sugli investimenti finalizzati a garantire un rilancio duraturo, nel rispetto delle esigenze di stabilità occupazionale e sostenibilità ambientale.

Aumento dei lavoratori coinvolti in ex Ilva

L’ampliamento della platea dei cassaintegrati dell’ex Ilva di Taranto, da 4.050 a 4.550 unità, mette in luce una difficoltà finanziaria che si intreccia con la necessità di rinnovare gli impianti. In un clima di forte precarietà, i sindacati chiedono continue garanzie sul futuro industriale e sulle politiche di tutela dei dipendenti rimasti operativi.

I numeri parlano chiaro: gran parte dell’organico interessato da questa misura proviene dallo stabilimento pugliese, e la mancanza di un piano industriale solido alimenta timori crescenti. Il dibattito sull’opportunità di proseguire con la nazionalizzazione, o di optare per capitali privati esteri, torna puntualmente a infiammare l’opinione pubblica, evidenziando l’urgenza di soluzioni condivise.

Guasti, affidabilità degli impianti e svolta ecologica

La recente criticità all’altoforno 4, l’ultimo ancora attivo per l’ex Ilva di Taranto, ha riportato a galla i dubbi sulla reale sicurezza degli impianti. Un guasto nella linea di trasporto ha immobilizzato la produzione, fortunatamente soltanto per poche ore, ma quanto basta per rafforzare le preoccupazioni di operai e addetti ai lavori.

Molti lamentano che la struttura, ormai datata, richieda ingenti risorse per mantenere standard adeguati di affidabilità. Inoltre, la mancanza di un cronoprogramma chiaro sulla ristrutturazione degli impianti alimenta una percezione di incertezza, anche per la coincidenza con il periodo di commissariamento che ha allontanato investitori internazionali meno propensi a rischiare.

Intanto, le interlocuzioni governative guardano con speranza all’introduzione dei forni ad arco elettrico, fulcro di una possibile riconversione per l’ex Ilva di Taranto, più sostenibile e rispettosa dell’ambiente.

Tra i soggetti in gara emergono Jindal Steel e Bedrock Industries, rimasti in lista dopo che altri potenziali acquirenti si sono tirati indietro. Il governo confida che un nuovo piano industriale possa aprire prospettive di rilancio produttivo, declinando la tradizionale siderurgia a carbone verso soluzioni d’avanguardia.

La scadenza per la presentazione delle offerte, prorogata per consentire ai candidati di completare la documentazione, sarà un banco di prova cruciale. Da esso dipenderanno la sopravvivenza del polo siderurgico, la tutela dell’occupazione e la reale possibilità di innescare una transizione ecologica solida e duratura.

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