Lavoro Busta paga Contratti pirata nel terziario e turismo: allarme Confcommercio su salari e concorrenza

Contratti pirata nel terziario e turismo: allarme Confcommercio su salari e concorrenza

Crescono i contratti pirata nel terziario e turismo: 160.000 lavoratori penalizzati, rischi per imprese e concorrenza. Le proposte di Confcommercio.

5 Ottobre 2025 11:00

Negli ultimi anni, la crescente diffusione dei contratti pirata ha creato uno scenario piuttosto complesso nel mercato del lavoro italiano. Molti datori di lavoro, attratti da un regime contrattuale meno rigoroso, hanno optato per soluzioni che finiscono per penalizzare pesantemente i lavoratori.

Aziende e dipendenti si trovano così a confrontarsi con accordi al ribasso, che producono disuguaglianze nei trattamenti economici e normativi, riducendo le tutele e mettendo in discussione il valore stesso del lavoro. Secondo gli ultimi dati, proprio Confcommercio ha segnalato un incremento preoccupante di questi fenomeni, soprattutto nei comparti del terziario e del turismo.

Perché si profila un problema di retribuzioni e condizioni

Lo scenario è reso ancora più allarmante dall’erosione progressiva dei salari, che diventa tangibile quando, a parità di mansioni, alcuni lavoratori ricevono compensi ben al di sotto di quelli stabiliti dai contratti nazionali standard. Ad aggravare la situazione, la presenza di un CCNL debole o non rappresentativo, che non garantisce i consueti diritti in materia di ferie, permessi e tutele in caso di malattia o infortunio.

Elementi come la formazione continua, gli scatti di anzianità e le eventuali indennità restano spesso soltanto sulla carta, favorendo una competizione al ribasso in cui le imprese più virtuose rischiano di essere penalizzate.

L’importanza di una corretta rappresentatività

La rappresentatività sindacale è cruciale per ridurre lo spazio di manovra a organizzazioni contrattuali considerate marginali o di dubbia legittimità. In altri Paesi europei, il rispetto degli standard contrattuali è garantito da normative puntuali e da un forte riconoscimento del ruolo sindacale. In Italia, però, manca ancora un efficace sistema di certificazione della reale adesione delle parti.

Sorgono così problemi concreti, come gare d’appalto non equamente accessibili e la possibilità di contestazioni legali: le aziende che scelgono di adottare tali formule contrattuali rischiano di veder compromessa la propria reputazione, subendo esclusione dai principali spazi di contrattazione collettiva. Il confronto con realtà come la Germania e la Francia evidenzia la necessità di armonizzare i controlli e di consolidare i criteri di validazione degli accordi su scala nazionale.

Soluzioni e proposte per un futuro più equo

Per arginare il dilagare di queste forme contrattuali, si auspica l’introduzione di un sistema di certificazione condiviso, in cui CNEL e INPS possano verificare la reale validità degli accordi, mantenendo un rigoroso controllo sulla tenuta dei registri. Contestualmente, l’adozione di un indice specifico che valorizzi la qualità del contratto potrebbe fornire una bussola affidabile per aziende, lavoratori e istituzioni.

Un rafforzamento del sistema bilaterale, associato a un codice contrattuale unico, permetterebbe di aumentare la chiarezza nei rapporti di lavoro e di offrire ulteriore welfare aggiuntivo ai dipendenti. Garantire regole trasparenti e un monitoraggio efficiente diventa così la chiave per ristabilire un equilibrio adeguato fra imprese e lavoratori, in difesa della concorrenza leale e della dignità professionale.

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