Tasse invisibili: ne paghi 9 su 10 senza accorgertene
Scopri come il 90% delle tasse invisibili è prelevato alla fonte e quanto grava realmente sulle famiglie italiane secondo i dati CGIA.
Fonte immagine: ANSA
Se dovessimo esplorare a fondo l’assetto fiscale nel nostro Paese, ci accorgeremmo in fretta di quanto siano pervasive le tasse invisibili in ogni transazione della vita quotidiana. Questa dinamica tocca da vicino le famiglie italiane, che spesso non si rendono pienamente conto di versare una parte consistente del proprio reddito all’erario senza alcun atto di pagamento esplicito.
È un meccanismo che può far sembrare irrilevante il contributo individuale, ma che in realtà incide pesantemente sull’equilibrio economico di chi lavora e consuma giorno dopo giorno, generando una percezione a volte distorta di quanto effettivamente si contribuisca allo Stato.
L’incidenza del prelievo delle tasse invisibili emerge in particolar modo tra i lavoratori dipendenti, i quali vedono il proprio stipendio decurtato ancor prima di riceverlo. Proprio qui si materializzano l‘Irpef, imposta principale sul reddito, e i contributi Inps, obbligatori per coprire la previdenza sociale.
Se consideriamo una famiglia tipo, entrambi i coniugi lavorano e vi è un figlio a carico, ogni anno transitano all’Erario circa 20.231 euro, di cui ben 12.504 euro vengono tolti direttamente dal salario. Le imposte indirette come l’Iva completano l’opera, insinuandosi nelle piccole spese quotidiane e facendo sì che ulteriore denaro finisca allo Stato in modo quasi impercettibile. Significativo è il fatto che soltanto 640 euro, una quota minima del totale, siano corrisposti tramite versamenti di cui si ha effettiva consapevolezza.
Tasse invisbili: l’effetto sul percepito
Dall’insieme di trattenute obbligatorie e tassazioni aggregate deriva un peso fiscale che spesso sfugge ai radar di chi non compie versamenti diretti. Molti contribuenti non percepiscono la reale portata di queste imposizioni, perché abitualmente non vedono materialmente uscire la somma dalle proprie tasche.
La conseguenza è una certa “indolore” accettazione delle tasse invisibili, con una ridotta consapevolezza di quanto pesino, a conti fatti, accise e tributi su beni e servizi. La discrepanza tra versamento reale e versamento percepito contribuisce ad alimentare una sorta di distorsione percettiva, facendo sì che la fiscalità sembri meno gravosa di quanto in realtà non sia.
Il confronto con altre categorie
Mentre chi è assunto a busta paga raramente si rende conto dell’intera mole dei contributi, i lavoratori autonomi sperimentano quotidianamente il conto diretto da saldare allo Stato. Costoro devono occuparsi personalmente di dichiarazioni, acconti e saldi, crescendo in loro una chiara coscienza dell’ammontare da riversare nelle casse pubbliche.
Questo aspetto produce maggiore “sensibilità fiscale”: chi paga in modo esplicito si troverà inevitabilmente più attento e, talvolta, più insofferente. Alla fine, che si tratti di stipendi o fatture, le cifre versate non si discostano di molto, ma l’impatto percettivo e le tasse invisibili possono fare un’enorme differenza nella valutazione complessiva del sistema tributario.
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