Finanza Notizie Italia Investitori italiani: le preoccupazioni maggiori sono legate al nodo pensione  

Investitori italiani: le preoccupazioni maggiori sono legate al nodo pensione  

3 Agosto 2020 11:22

 

Tra gli investitori italiani nell’era post Covid una delle principali preoccupazioni finanziarie è rappresentata dalla pensione. E questo avviene in uno scenario che vede gli investitori digitali più evoluti e che hanno considerato la volatilità sui mercati degli ultimi mesi “un’opportunità e non un rischio”. Sono questi i principali risultati che emergono da un sondaggio condotto da Moneyfarm su un campione di circa 1.380 investitori residenti in Italia che ha fotografato l’impatto della pandemia sulle prospettive degli investitori digitali.

La forte incertezza per la pensione

In questo periodo gli interrogativi per gli italiani, soprattutto legati alla sfera economico-finanziaria, sono numerosi. Ma la questione che desta maggiore timore è quella legata alla pensione, per ben il 46% del campione. Solo il 21% si definisce preoccupato o molto preoccupato della propria capacità di spesa, il 29% del lavoro (percentuale, però, che aumenta in modo significativo tra le donne, arrivando al 34%). Questi dati, sottolineano da Moneyfarm, confermano la relativa stabilità del campione. Accanto alla pensione, gli intervistati si sono detti preoccupati di ‘sistemare i figli’ (tra chi ce li ha) e per l’acquisto della prima casa.  Se si escludono poi gli over 55, più di un rispondente su due si dice molto preoccupato per la pensione (53%).

Anche quando si osserva l’impatto negativo dell’epidemia Covid sulle prospettive degli investitori, la previdenza resta in testa (38%), superando il lavoro (34%) e gli investimenti (33%). L’incertezza della pensione deriva soprattutto da una sfiducia generalizzata nel sistema previdenziale pubblico: il 69% dichiara poca o nessuna fiducia.

Il nodo previdenza: è la poca informazione a generare paura?

Quando però si affronta il tema previdenziale emerge spesso una questione, come evidenziano da Moneyfarm: sebbene rappresenti la principale fonte di preoccupazione per questo campione di investitori, la paura non si traduce in un atteggiamento proattivo, con il 38% degli intervistati che dichiara di non essersi mai documentato su quando andrà in pensione.

Se non stupisce il dato degli under 45, con circa il 60% che dichiara di non essersi ancora informato, colpisce il 30% di persone tra i 45-55enni e addirittura il 20% degli over 55. Non sorprende, quindi, che anche le ipotesi degli intervistata sull’età pensionabile e quelle sul proprio assegno pensionistico siano in certi casi errate e sovrastimate: fra gli under 35, quasi il 18% se interpellato non sa dare una stima precisa di quando andrà in pensione e il 32% sovrastima l’importo del proprio assegno; tra coloro con età compresa tra i 35 e i 45 sono rispettivamente il 12% e il 33%.

Pensione complementare: che direzione prendere?

Si apre poi la tematica della pensione complementare. Sempre secondo il sondaggio, per quanto riguarda la scelta di una soluzione di previdenza integrativa, il 42% ne è ancora sprovvisto, con punte del 60% tra i giovani. Tra chi non ha alcun piano attivo, il 58% dichiara di optare per altre soluzioni, il 26% non ha avuto tempo per informarsi, il 9% non ha risparmi a sufficienza per farlo e il 7% ritiene l’orizzonte temporale troppo lontano. Poco meno di uno su due (45%) ritiene necessario aderire a un piano nei prossimi 5 anni.

“Sebbene questi numeri siano migliori rispetto alla tendenza nazionale indicata da dati Covip (solo 1 lavoratore su 3 in Italia ha aderito alla previdenza complementare) fanno emergere comunque lo scoglio della scelta di soluzioni previdenziali ottimali, anche tra coloro che hanno maggiore dimestichezza con gli investimenti”, sottolineano da Moneyfarm.

Tra chi ha sottoscritto un piano di previdenza integrativa, la stragrande maggioranza (48%) dichiara di avere accesso a un fondo negoziale mentre solo il 17% ha un fondo aperto, il 12% ha scelto un Pip, mentre il 14% ha più di uno strumento. Il luogo di lavoro si conferma infatti il canale privilegiato per l’accesso alla previdenza per il 48% degli intervistati, contro il 40% che si è documentato in modo autonomo e il 12% che si è rivolto a un professionista. Interessante notare che escludendo dal campione chi ha optato per un fondo negoziale o chi ha usufruito del benefit aziendale, ben il 67% degli intervistati dice di essere sprovvisto di uno strumento di previdenza integrativa.