Italiani stringono cinghia, giù vendite alimentari. Tutta colpa di inflazione e caro bollette

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Le famiglie italiane stringono la cinghia. Così emerge dagli ultimi dati resi noti dall’Istat secondo cui nel complesso del 2024 le vendite al dettaglio in valore crescono dello 0,7% rispetto all’anno precedente, mentre sono in calo i volumi (-0,4%). In entrambi i casi la dinamica complessiva è determinata prevalentemente dall’andamento delle vendite dei beni alimentari.
A livello congiunturale, nei primi due trimestri dell’anno appena concluso il valore delle vendite è stato pressoché stazionario, mentre negli ultimi due si è registrata una crescita, più vivace nel terzo trimestre.
Unc: italiani nel 2024 mangiano l’1% in meno del 2023
In sostanza gli italiani per far fronte all’inflazione e al caro bollette sono stati costretti a una dieta forzata “riducendo persino il cibo acquistato, ossia la spesa obbligata per eccellenza” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, commentando i dati Istat sulle vendite. “Insomma, le famiglie hanno pagato di più per mangiare l’1% in meno”.
L’associazione fa i conti in tasca agli italiani per cui, traducendo in soldoni queste cifre, rispetto al 2023 una coppia con 2 figli ha acquistato 91 euro in meno di cibo a prezzi del 2023, mentre le spese non alimentari sono diminuite di 27 euro, per un totale di 118 euro. Una famiglia media ha speso 63 euro in meno per gli alimentari e 19 euro per i non alimentari, per una cifra complessiva di 82 euro, mentre per una coppia con un figlio sono 63 euro in meno per mangiare, 82 euro in totale.
“Dati allarmanti e preoccupanti per i quali il Governo farebbe bene a intervenire, ripristinando subito gli sconti sulle bollette di luce e gas che aveva introdotto Draghi e che poi Meloni e Giorgetti hanno fatto la bella pensata di togliere. Fino a che le spese indispensabili e non rinviabili saranno così care, il ceto medio farà fatica ad arrivare alla fine del mese, i consumi resteranno al palo e il Pil aumenterà al massimo dello zero virgola” conclude Dona.
Codacons: situazione non migliora nel 2025
Anche secondo il Codacons, si conferma il trend che porta le famiglie a spendere di più per acquistare sempre meno. E questo avviene a causa dell’onda lunga del caro-prezzi, con i listini al dettaglio cresciuti in media del +13,8% nel biennio 2022-2023, aumenti che non sono rientrati nel 2024, quando l’inflazione ha segnato una media annua del +1%. E la situazione purtroppo non sta migliorando nel 2025, con l’inflazione che è tornata a rialzare la testa e tensioni sui listini di beni primari come gli alimentari e l’energia, che il governo farebbe bene a contrastare con misure davvero efficaci per calmierare i listini e sostenere i consumi degli italiani.
Infine, Assoutenti chiede al Governo di intervenire in fretta per affrontare il nodo prezzi. “Nel 2024 i volumi delle vendite alimentari crollano complessivamente del -1%, a fronte di un aumento in valore del 1,5% – spiega il presidente Gabriele Melluso – Questo significa che, al netto dell’inflazione, le famiglie hanno ridotto gli acquisti di cibi e bevande per complessivi 1,6 miliardi di euro rispetto all’anno precedente, subendo una vera e propria dieta forzata”. “Gli italiani stanno subendo le tensioni al rialzo nei listini al dettaglio dei generi alimentari, con molte voci che nel 2024 hanno registrato rincari a due cifre – prosegue Melluso – Per questo sollecitiamo ancora una volta il Governo ad intervenire, anche tramite Mister Prezzi, adottando misure tese ad accelerare la discesa dei prezzi al dettaglio, combattere le speculazioni e tutelare il potere d’acquisto delle famiglie, in modo da far ripartire i consumi e sostenere commercio ed economia”.
Confcommercio: da vendite al dettaglio segnale positivo
Tuttavia c’è chi sottolinea che il recupero registrato dalle vendite nel mese di dicembre rappresenta un segnale positivo. A dirlo Confcommercio secondo cui però “le cautele sull’interpretazione di questo rimbalzo dopo un bimestre difficile sono d’obbligo, atteso che la variazione tendenziale è molto esigua”. Gli elementi puntuali di criticità, sottolinea l’associazione, riguardano alcuni segmenti di consumo come alimentari, abbigliamento e calzature, mobili. Da sottolineare anche il permanere di dinamiche negative degli acquisti presso le
imprese di minori dimensioni” conclude la nota dell’Ufficio Studi di Confcommercio.