Gender gap: in Italia sempre più donne nei board di aziende del mid-market

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In Italia la quota di aziende del mid-market prive di donne nei ruoli manageriali si è dimezzata, passando dall’8,6% nel 2024 al 4,2% nel 2025. Questo uno spunto contenuto nell’ultimo rapporto annuale Women in Business, intitolato quest’anno Driving Diversity di Grant Thornton che analizza i progressi della rappresentanza femminile nei ruoli dirigenziali all’interno delle aziende del mid-market e si scopre che la diversità di genere è anche un fattore strategico per l’accesso ai capitali e la crescita aziendale.
A confermarlo il fatto che investitori, clienti e stakeholder stanno facendo pressioni sulle imprese affinché aumentino la presenza femminile nei ruoli dirigenziali, con il rischio di perdere opportunità commerciali e investimenti se non dimostrano un impegno concreto in questa direzione.
Se si allarga lo sguardo a livello globale la crescita degli ultimi cinque anni ha avvicinato il traguardo della parità, anche se ancora lontano. Al ritmo attuale, una donna che entra oggi nel mondo del lavoro dovrà lavorare per più di 25 anni prima che la parità venga raggiunta.
Gender gap: chi esercita le maggiori pressioni sulle aziende
Dal rapporto di Grant Thornton emerge difatti che il 77,6% delle imprese del mid-market ha ricevuto esplicite richieste per dimostrare il proprio impegno nella diversità di genere e, grazie a tale sollecitazione, il 56,3% ha effettivamente aumentato la presenza femminile nei ruoli dirigenziali. Potenziali investitori (35,2%) e clienti (31,1%) sono tra le principali fonti di queste pressioni e anche in Italia, pur con numeri leggermente inferiori, il trend è altrettanto significativo. Il 42% delle imprese ha incrementato la presenza femminile nei ruoli dirigenziali in risposta alle sollecitazioni esterne. In particolare, a esercitare maggiore pressione sono i potenziali nuovi clienti (23,2%) e le banche o enti finanziatori (21,1%), segno che l’inclusione sta diventando un parametro sempre più rilevante anche nelle valutazioni legate al credito.
La presenza delle donne in posizioni di leadership: il quadro globale
Dal rapporto emerge che nel 2025, a livello globale, le donne che ricoprono posizioni di leadership rappresentano il 34%, mentre nell’Eurozona la percentuale sale al 35% (dati in linea con rilevazione dello scorso anno, con lievi incrementi rispettivamente dello 0,5% e dello 0,3%).
Il numero di imprese che non ha alcuna donna in posizioni di leadership è in netto calo; infatti, nel 2025 solo il 4,1% delle aziende del mid-market ha dichiarato di avere una leadership esclusivamente maschile, rispetto al 6,7% registrato nel 2024. In alcuni Paesi, come Cina, Indonesia e Stati Uniti, questa percentuale è addirittura scesa a zero. A livello globale, il 99,8% delle imprese ha adottato misure per promuovere la parità di genere in almeno un processo aziendale, concentrandosi in particolare sulla parità salariale (39,3%) e sul reclutamento e la promozione delle donne nei ruoli di senior leadership (39,1%).
La situazione in Italia
Anche in Italia si registra un significativo miglioramento, visto che la quota di aziende del mid-market prive di donne nei ruoli manageriali si è più che dimezzata, passando dall’8,6% nel 2024 al 4,2% nel 2025.
Nel nostro paese inoltre, emerge dal rapporto, le aziende danno priorità alla parità salariale (41,1%), al reclutamento e alla promozione delle donne nei ruoli di leadership (34,7%) e ai programmi di formazione (34,7%). Tuttavia, il mentoring (15,8%) e il networking (14,7%) rimangono strumenti ancora poco utilizzati. “I dati del report Women in Business 2025 offrono segnali incoraggianti, come la significativa riduzione, sia a livello globale che in Italia, del numero di aziende prive di donne in posizioni manageriali” – commenta Roberta Cipollini, partner di Ria Grant Thornton. “Tuttavia, il percorso verso una reale parità è ancora lungo. Il fatto che una giovane donna che entra oggi nel mondo del lavoro debba attendere oltre 25 anni prima di poter lavorare in un’azienda con una leadership equamente distribuita dimostra che esiste il concreto rischio di perdere una generazione di donne leader, privando le imprese del loro contributo e del valore che potrebbero apportare”.