Cosa sono gli extraprofitti delle banche e perché vogliono tassarli
Che cosa sono gli extra profitti? E perché il governo Meloni ha voluto prendere di mira le banche italiane volendo introdurre una tassa apposita? Ma partiamo dalle definizioni ufficiali. Gli extra profitti sono sostanzialmente i ricavi addizionali delle aziende. Sono determinati dalla differenza fra il prezzo di vendita di un bene o di un servizio ed il costo medio di produzione.
Già da questa definizione si inizia già ad intuire perché le banche abbiano maturato degli extra profitti e da dove derivino. Ma cerchiamo di entrare nel dettaglio e capire meglio cosa sia accaduto.
La decisione del governo Meloni
Solo e soltanto per il 2023, il governo guidato da Giorgia Meloni ha pensato di introdurre una tassa sugli extraprofitti bancari. La decisione di introdurre questo prelievo arriva dopo la stagione dei rialzi dei tassi d’interesse decisi dalla Banca Centrale Europea, che ha comportato un considerevole aumento delle rate dei mutui a tasso variabile.
È una norma di equità sociale, tutti gli introiti andranno ad aiuto per i mutui prima casa e taglio delle tasse – ha spiegato il vice premier Matteo Salvini al termine del CdM -. L’innalzamento dei tassi voluto dalla Bce ha portato a un innalzamento del costo del denaro per famiglie e imprese, non c’è stato un altrettanto solerte aumento per quanto riguarda i consumatori che hanno depositi sui conti correnti. In questo gap si verrà a contare un 40% di prelievo da extraprofitti multimiliardari delle banche.
Ma come funziona nel dettaglio la tassa? L’imposta introdotta sugli extraprofitti delle banche e degli intermediari finanziari – che sarà in vigore per il 2023 – viene determinata applicando un’aliquota pari al 40% sul maggior valore ottenuto tra una serie di fattori.
Tra i fattori presi in considerazione per effettuare questo calcolo viene preso in considerazione l’ammontare del margine d’interesse relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023. Il margine d’interesse preso in considerazione deve eccedere almeno il 5% rispetto a quello dell’esercizio precedente, ossia il 2022. Altro parametro preso in considerazione per calcolare la tassa sugli extraprofitti è l’ammontare del margine di interesse relativo all’esercizio antecedente a quello che partirà il prossimo 1° gennaio 2024. In questo caso il margine d’interesse dovrà eccedere per almeno il 10% quello in corso al 1° gennaio 2022.
Le banche e gli intermediari finanziari sono tenuti a versare la tassa sugli extraprofitti nel corso del 2024. Il versamento non è deducibile dalle imposte sui redditi e dall’imposta regionale sulle attività produttive.
Grazie a questa imposta sono previste delle maggiori entrate, che saranno destinate al finanziamento del fondo per i mutui sulla prima casa. Oltre ad essere utilizzati per ridurre la pressione fiscale di imprese e famiglie.
In cosa consistono gli extra profitti delle banche
Ma cosa sono gli extraprofitti? A rispondere a questa domanda ci aiuta un recente rapporto della Fondazione Fiba di First Cisl, secondo il quale nel corso del primo semestre del 2023 le cinque principali banche italiane – quindi stiamo parlando di Intesa Sanpaolo, Unicredit, Bper, Banco Bpm e Mps – hanno registrato una crescita pari al 57,6% del margine di interesse, che è pari a 17,814 miliardi di euro complessivi rispetto agli 11,303 del primo semestre 2022. Significa, in altre parole, che rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso hanno guadagnato 6,5 miliardi in più.
Stando a quanto ha spiegato Antonio Tajani, la tassazione sugli extra profitti costituisce una risposta alle politiche della Bce, che dalla scorsa estate ha continuato a far alzare i tassi di interesse in modo da contrastare l’inflazione. La misura, però, sta pesando sui cittadini che hanno contratto un muto a tasso variabile: il costo delle rate è aumentato a dismisura. Se da un lato, però, il peso della lotta all’inflazione ricade completamente su quanti hanno contratto un mutuo, dall’altra, dell’aumento delle rate – dovuto all’aumento del costo del denaro – hanno beneficiato le banche. I mutui a tasso variabile, infatti, sono diventati più cari, ma le remunerazioni dei conti correnti non sono cresciute adeguatamente. Questo ha creato gli extra profitti, che adesso il governo vuole tassare.