Finanza Conti correnti: in un anno spariti 152 miliardi per colpa dell’inflazione

Conti correnti: in un anno spariti 152 miliardi per colpa dell’inflazione

29 Dicembre 2023 13:58

Il caro vita e l’inflazione colpiscono anche il conto corrente degli italiani. Nel corso dell’ultimo anno è crollato di 152 miliardi di euro il saldo totale dei depositi bancari delle famiglie e delle imprese. Complessivamente la disponibilità su ogni singolo conto corrente è scesa da 1.452 miliardi di euro a 1.300 miliardi, che corrisponde ad un calo del 10,5%.

A scattare questa fotografia delle finanze delle famiglie e delle imprese italiane ci ha pensato il Centro Studi Unimpresa, che ha analizzato la situazione nel periodo compreso tra il mese di ottobre 2022 e lo stesso periodo del 2023. Gli italiani, in estrema sintesi, hanno iniziato ad attingere ai propri risparmi per far fronte al caro vita e all’inflazione.

Conto corrente: l’inflazione pesa sui risparmi

Il conto corrente delle famiglie italiane si restringe a causa del carovita e dell’inflazione. A mettere in evidenza questa situazione è il Centro Studi di Unimpresa, che ha messo in evidenza che il saldo complessivo dei depositi bancari delle famiglie e delle imprese è sceso da 1.452 miliardi a 1.300 miliardi di euro. Nell’arco di un anno sono spariti qualcosa come 152 miliardi di risparmi: una riduzione pari al 10,5%.

A determinare questo pesante calo della disponibilità sul conto corrente di famiglie ed imprese sono principalmente l’inflazione ed il caro vita. Molte famiglie si sono trovare nella situazione di dove attingere ai propri risparmi per far fronte all’aumento dei prezzi. Ma non solo: a pesare sulle tasche dei risparmiatori e delle imprese è stato l’aumento dei tassi d’interesse sui prestiti. Questa situazione ha convinto molte imprese ad utilizzare le proprie riserve bancarie e ad evitare l’indebitamento, che è diventato fin troppo oneroso.

Una parte dei fondi presenti sui vari conti correnti – stiamo parlando di una cifra pari a 85 miliardi di euro – è stata trasferita sui depositi, dove le banche riescono a riconoscere dei tassi di remunerazioni che, nella maggior parte dei casi, risultano essere superiori al 3%. Ricordiamo che la giacenza media su un conto corrente è generalmente inferiore all’1%.

L’inflazione è la peggiore e la più ingiusta delle tasse: colpisce soprattutto le fasce di cittadini più deboli e limita la capacità delle imprese di investire per crescere – spiega Giovanna Ferrara, presidente di Unimpresa -. L’indice dei prezzi è calato nell’ultimo anno dal 10 al 5 per cento, ma il danno ormai c’è ed è sotto gli occhi di tutti. La cura della Bce si è rivelata limitata e limitante: a questo punto serve una inversione di tendenza e il costo del denaro va tagliato già nel primo semestre del 2024.

Calano i depositi

Il Centro Studi di Unimpresa ha effettuato la propria analisi basandosi direttamente sui dati statistici della Banca d’Italia. Secondo l’analisi, il valore complessivo dei depositi dei privati risulta essere calato di 78 miliardi di euro nel periodo compreso tra il mese di ottobre 2022 e lo stesso periodo del 2023. Percentualmente siamo davanti ad un calo pari al 4,5%: si è passati da un totale pari a 1.701 miliardi a 1.623 miliardi di euro. Per quanto riguarda le riserve delle famiglie, siamo passati da 170 miliardi a 1.104 miliardi di euro. In questo caso siamo davanti ad un calo di 66 miliardi, che corrisponde ad un -5,6%.

Risultano essere in calo anche i salvadanai delle aziende, che sono passate da 409 a 402 miliardi di euro. stiamo parlando di una riduzione di 7 miliardi, pari ad un -1,7%.

L’inflazione ed il caro vita colpiscono di meno le onlus, il cui saldo rimane inalterato a quota 35 miliardi di euro.

Complessivamente sui conti correnti è stato registrato un calo pari a 152 miliardi di euro: si è passati, infatti, da 1.452 miliardi a 1.300 miliardi, con corrispondono ad una riduzione pari al 10,55. Secondo il Centro Studi Unimpresa questa riduzione è da ascrivere a due diversi fattori:

  • le famiglie e le imprese utilizzano le riserve per far fronte all’aumento dei prezzi. L’aumento del tasso di interesse sui prestiti li rende troppo onerosi;
  • una parte della liquidità è stata spostata su altri strumenti bancari che assicurano una maggiore remunerazione.

La riduzione dell’inflazione da oltre il 10% di fine 2022 al 5% circa di oggi non ha comportato una discesa dei prezzi – commentano gli analisti del Centro studi di Unimpresa -. Si tratta di una discesa virtuale perché in realtà il costo della vita continua a salire, con l’unica differenza che la curva è meno ripida rispetto a qualche mese fa. I prezzi, insomma, non tornano indietro. In buona sostanza, in pochi mesi, nell’arco dello scorso anno, il quadro inflattivo è cambiato come non era mai accaduto nella storia dell’euro, anche se con talune differenze e specificità all’interno dell’area euro. Per quanto riguarda il saldo dei conti correnti, il danno è nell’immediato per le famiglie e per le imprese, i cui salvadanai sono assai meno ricchi rispetto al passato; ma a pagare il conto è anche il settore bancario che avrà meno liquidità a disposizione per erogare credito alla clientela, aggravando quindi una situazione già fortemente negativa.