Trump raddoppia i dazi su acciaio e alluminio: ora sono del 50%
Trump raddoppia i dazi su acciaio e alluminio al 50%, colpendo il settore automotive e innescando tensioni commerciali globali.
L’annuncio dell’aumento dei dazi su acciaio e alluminio al 50% da parte di Trump ha colto di sorpresa mercati e istituzioni, lasciando un’eco che si propaga ben oltre i confini degli Stati Uniti.
Il provvedimento, comunicato ufficialmente il 4 giugno 2025, ha scatenato una vera e propria reazione a catena che rischia di incidere profondamente sulle dinamiche dell’economia globale, generando un clima di tensioni commerciali che promette di far discutere ancora a lungo.
Tensioni commerciali e politiche
A leggere tra le righe della decisione americana, emerge chiaramente la volontà di difendere un comparto considerato cruciale non solo dal punto di vista produttivo, ma anche sotto il profilo della sicurezza nazionale. Secondo l’amministrazione statunitense, l’incremento delle tariffe rappresenta una risposta “necessaria e inevitabile” per sostenere l’industria interna, ormai da tempo sotto pressione a causa della concorrenza internazionale e della volatilità dei prezzi delle materie prime.
Ma la mossa non è passata inosservata. Anzi, ha subito scatenato un coro di proteste e prese di posizione. Da una parte, partner storici come Canada e Messico hanno manifestato con forza il proprio dissenso, sottolineando come simili iniziative rischino di minare la fiducia reciproca e la stabilità degli scambi.
Dall’altra, l’Unione Europea ha bollato la scelta di Washington come un ostacolo ai delicati negoziati in corso, evidenziando la necessità di evitare una spirale di ritorsioni che potrebbe avere effetti devastanti su entrambe le sponde dell’Atlantico. E non è tutto: persino il Regno Unito, pur godendo di una momentanea esenzione, non ha nascosto la propria frustrazione per i continui ritardi nelle trattative bilaterali, alimentando così un clima di crescente incertezza.
L’impatto sul settore automotive
Nel frattempo, il settore automotive sta già pagando il prezzo più alto di questa svolta protezionistica. Il caso Stellantis è emblematico: la casa automobilistica ha registrato un brusco calo delle immatricolazioni in Italia, con una flessione del 7,99% a maggio 2025 e una contrazione della quota di mercato dal 30,61% al 28,06%.
Un segnale che non lascia spazio a dubbi: l’aumento dei costi delle materie prime – in particolare acciaio e alluminio – si riflette direttamente sulla competitività delle imprese, costringendo il comparto a fare i conti con margini sempre più risicati e prospettive di crescita tutt’altro che rosee.
L’effetto domino dei dazi di Trump sul commercio globale
L’effetto domino non si ferma qui. L’incremento dei dazi si ripercuote a cascata su un’ampia gamma di beni di consumo, dai veicoli agli elettrodomestici, fino ai materiali da costruzione. Gli analisti concordano: il rischio concreto è quello di assistere a un’ondata di rincari che finirà per penalizzare in primis i consumatori, già alle prese con un contesto inflazionistico tutt’altro che favorevole. E come se non bastasse, l’aumento dei prezzi potrebbe tradursi in una perdita di competitività per i prodotti americani sui mercati internazionali, aprendo la strada a nuovi squilibri e a una crescente frammentazione degli scambi globali.
A complicare ulteriormente il quadro ci pensano le tensioni commerciali che, giorno dopo giorno, si fanno sempre più acute. Se i paesi colpiti dovessero decidere di adottare contromisure – magari introducendo a loro volta tariffe o restrizioni su prodotti statunitensi – il rischio di una vera e propria guerra commerciale diventerebbe più che concreto. I mercati finanziari, dal canto loro, non sono rimasti a guardare: la volatilità si è accentuata, in particolare sui titoli legati al settore manifatturiero e alle materie prime, con una fuga dagli asset considerati più esposti alle incertezze del momento.
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