Finanza Personale In molti comuni italiani scomparsi negozi di pane, pesce e frutta

In molti comuni italiani scomparsi negozi di pane, pesce e frutta

In Italia molti comuni sono rimasti senza negozi per l'acquisto di beni di prima necessità come pane, pesce e frutta.

22 Luglio 2025 13:30

Il panorama italiano sembra sfilacciarsi sempre di più, con vaste aree dove l’accesso ai beni primari risulta complicato e pesantemente condizionato dalle In molti comuni italiani scomparsi negozi di pane, pesce e frutta.

Le più recenti rilevazioni evidenziano un fenomeno di desertificazione commerciale che non risparmia nessuno: solo il 44,1% della popolazione raggiunge un panificio in 15 minuti, mentre la percentuale scende al 35,4% per la pescheria.

Non va meglio quando si parla di commercio al dettaglio alimentare: soltanto il 59,7% degli italiani può contare su un fruttivendolo a poca distanza, mentre il 61,4% dispone di un supermercato ragionevolmente vicino.

È evidente quanto i negozi di quartiere diventino cruciali per salvaguardare il tessuto sociale, specialmente in quelle zone dove mancano punti vendita essenziali e cresce l’isolamento degli abitanti più fragili.

Negozi per beni di prima necessità: la sfida dei piccoli centri

I piccoli comuni con meno di 5.000 abitanti, dove risiedono 9,6 milioni di persone, rappresentano il cuore di questa emergenza. Qui si registra una densità commerciale inferiore del 12,8% rispetto alla media nazionale, appena 9,24 negozi ogni mille abitanti, e addirittura 206 località risultano completamente prive di qualsiasi attività commerciale.

Colpisce sapere che oltre 170.000 cittadini, distribuiti in 425 comuni, non dispongano di alcun punto vendita alimentare sul proprio territorio. Le fasce anziane, con un indice di vecchiaia di 302,8 ogni 100 giovani, patiscono maggiormente questa situazione: senza mezzi di trasporto né servizi essenziali alla portata, si trovano intrappolate in una condizione che sfocia in un’autentica emergenza sociale.

Di fronte a questo quadro allarmante, Unioncamere invoca nuove soluzioni: l’idea è semplificare la normativa integrando le disposizioni esistenti e impiegare il Suap (Sportello unico per le attività produttive) per facilitare le autorizzazioni.

Si ipotizza di canalizzare fondi e incentivi verso progetti collaborativi tra settore pubblico e privato, favorendo la riqualificazione di locali sfitti anche nei centri maggiori. Questa strategia può agire da volano per recuperare spazio urbano, consolidare il tessuto imprenditoriale e migliorare l’occupazione locale.

In tal modo, le comunità potrebbero contare su un supporto concreto di negozi che non solo mira a contrastare l’abbandono dei territori, ma si propone di generare opportunità reali di sviluppo e coesione sociale.

Un’opportunità per gli investitori

In un contesto tanto critico, si intravede uno spiraglio di cambiamento: la situazione, per quanto complessa, potrebbe trasformarsi in una chance per chi si mostra pronto a investire. Gli investitori che scelgono di puntare su progetti innovativi di recupero e ammodernamento nei territori più marginali possono contribuire, di fatto, a colmare le distanze esistenti e a rafforzare l’identità locale.

Con un sostegno adeguato da parte delle autorità competenti e con la sinergia delle diverse componenti sociali, queste aree potrebbero tornare a splendere, offrendo nuove prospettive di vita e di impiego.

Del resto, mantenere viva la rete dei servizi e ristabilire l’accesso ai negozi di beni fondamentali significa non solo rispondere ai bisogni primari, ma anche avviare un percorso di inclusione che valorizzi l’intero Paese.

Se vuoi aggiornamenti su Finanza Personale inserisci la tua email nel box qui sotto:

Compilando il presente form acconsento a ricevere le informazioni relative ai servizi di cui alla presente pagina ai sensi dell'informativa sulla privacy.