Crisi di Booking: partono i licenziamenti italiani
Booking annuncia 9 licenziamenti in Italia nel contesto di una ristrutturazione globale: sindacati in allarme, ma utili e ricavi in crescita.
Fonte immagine: unsplash
Nel cuore di una dinamica di mercato che sembra premiare i grandi numeri, la piattaforma di prenotazioni online Booking ha sorpreso molti annunciando una serie di licenziamenti nella sua sede italiana e all’estero.
Pur avendo registrato un utile netto in crescita del 37%, pari a 5,9 miliardi di dollari, e ricavi aumentati dell’8% nel primo trimestre 2025, l’azienda prosegue nella direzione di una ristrutturazione globale, che coinvolgerà tra 200 e 1.000 dipendenti su scala mondiale.
Nello specifico, si stima che il taglio di Booking interessi nove lavoratori su 150 nel nostro Paese, generando sconcerto e un clima di incertezza. Il contrasto fra la riduzione del personale e i risultati finanziari da record risulta evidente, alimentando diverse critiche da parte degli osservatori del settore travel.
Booking: un cambio di rotta strategico
Stando a comunicazioni ufficiali, Booking ritiene che i tagli siano necessari per garantire maggiore agilità e per spingere sull’innovazione dei processi. L’idea è quella di investire in soluzioni automatizzate, riducendo burocrazia e fasi intermedie.
Tuttavia, nonostante i risultati positivi e la capacità di generare un consistente flusso di cassa operativo (3,3 miliardi di dollari) e un free cash flow di 3,2 miliardi con un incremento di oltre il 20% su base annua, molti osservatori ritengono che la strategia sia un modello di ottimizzazione costi, più che di reale trasformazione digitale.
La mossa di Booking, presentata come propedeutica a mantenere la competitività nel lungo termine, appare a taluni come una forzatura, specie se messa a confronto con una redditività già in forte espansione.
Dialogo mancato con le parti sociali
I sindacati hanno espresso forte dissenso di fronte alla mancanza di un confronto costruttivo: sottolineano la necessità di soluzioni alternative, come forme di ammortizzatori sociali e programmi di ricollocazione interna, che avrebbero potuto mitigare l’impatto dell’operazione.
Secondo i rappresentanti dei lavoratori, si sarebbe potuto salvaguardare il personale senza penalizzare la solidità di un’impresa che vanta flussi di cassa ragguardevoli e una marginalità invidiabile. Invece, la decisione di stabilire unilateralmente chi dovrà lasciare Booking apre a potenziali controversie, poiché lascia intendere una sostituzione del fattore umano con sistemi fortemente automatizzati.
Scenari futuri da monitorare
La scelta di trasferire l’onere dei tagli sui dipendenti sta generando un malcontento diffuso, ché rischia di sfociare in tensioni più ampie e possibili iniziative di protesta. Il borsino degli investitori resta vigile: pur avendo riscontri economici eccellenti, Booking deve calibrare con attenzione la propria immagine pubblica, pena un calo di fiducia che potrebbe incidere ulteriormente sull’equilibrio a livello internazionale.
Questa fase di riorganizzazione fa riflettere sull’effettiva direzione intrapresa: se al centro della strategia di crescita rimarrà la cura per l’utente e l’esperienza di viaggio, o se il richiamo di un’ulteriore spinta ai profitti diventerà la priorità assoluta. Restano da valutare le conseguenze sull’organico e su come il mercato interpreterà la manovra, in un contesto in cui la crescita del settore appare a sua volta soggetta a rapide trasformazioni.
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